Intervista a Yuri Teslyk da Chernihiv a un anno dall’aggressione russa all'Ucraina

Settanta chilometri. È questa la distanza che separa Chernihiv dal confine con la Russia e la Bielorussia. Nelle prime settimane di guerra, la città fu circondata dall'esercito di Vladimir Putin, poi ritiratosi a fine marzo.

A sinistra Yuri Teslyk davanti ad uno dei carichi di materiale giunto dall'Italia a favore della popolazione ucraina

È lì che vive Yuri Teslyk, membro di quell'associazione Pro Infanzia di Chernihiv che da trent'anni collabora con Cassago chiama Chernobyl. Ad un anno dall'inizio dell'invasione russa, lo abbiamo contatto per sapere quale è la situazione. Questo è quello che ci ha raccontato.

Qual è la situazione a Chernihiv?

Da quando l'esercito russo se ne è andato, è tutto relativamente tranquillo. Solo ad ottobre c'è stato un momento in cui bombardavano frequentemente le case in periferia. La vita in città un po' è ripresa ma non nulla è più come prima. L'attacco dei russi ha cambiato la vita di tutti qui. Tra la gente permane il senso di insicurezza. Gli allarmi aerei suonano in continuazione. Ne è scattato uno anche ieri sera verso le 21.30. Ho amici a Kharkiv che mi raccontano di bombardamenti continui. Quando sentono le sirene vanno a nascondersi. Qui ormai in tanti non lo fanno più, rimangono in casa perché sono stanchi. Certo, il rischio è enorme: abbiamo visto parecchi missili colpire condomini civili, facendo tanti morti. Inoltre, le forniture di elettricità sono stabili solo da dieci giorni. Prima staccavano la corrente per diverse ore al giorno. Dalle 20 di sera in poi non c'è più in giro nessuno, nonostante il coprifuoco ufficialmente inizi alle 23.

Per quanto riguarda l'attività della vostra associazione, quali cambiamenti ha notato?

Dopo l'inizio dell'invasione, tante aziende si sono trasferite nell'ovest del paese. Parecchie persone sono rimaste senza lavoro e si sono rivolte a noi per un aiuto perché non riescono più a mantenere la famiglia. Il numero di uomini e donne che assistiamo è notevolmente aumentato. Negli scorsi mesi, da quando i russi hanno lasciato i dintorni della città, gli amici di Cassago chiama Chernobyl hanno inviato tanto materiale: beni alimentari, prodotti per l'igiene, strumenti per l'ospedale e così via.

Cosa ricorda delle settimane in cui la città era circondata dall'aggressore?

È difficile da spiegare. Quando l'invasione è iniziata, in tanti sono rimasti spiazzati. Non sapevano cosa fare. La mattina del 24 febbraio sono andato al supermercato e c'erano le persone che svuotavano gli scaffali. Si sapeva solo che bisognava fare scorte di cibo. Poi sono iniziati i bombardamenti contro i palazzi dei civili. Lanciavano bombe da 500 kg in pieno centro. Alcuni sono scappati lasciandosi dietro tutto, senza sapere se e quando sarebbero potuti tornare. Chi è rimasto ha vissuto in uno stato di terrore. un giorno alla volta. Non sapevamo se il giorno successivo avremmo avuto ancora una cosa o saremmo stati ancora vivi.

Guardando al futuro, come pensa finirà questa guerra?

Io penso che prima o poi con i russi bisognerà parlare perché altrimenti continueranno a sparare missili per sempre. Questo però potrà accadere solo dopo che l'Ucraina avrà ripreso il controllo di tutto il suo territorio. Qui in città tutti sono d'accordo su un punto: l'integrità territoriale del paese deve essere ristabilita al 100%. Solo dopo eventualmente si potrà trattare con i russi. Putin vuole che gli ucraini si stufino di vivere in un clima di terrore permanente e chiedano al governo di accettare le condizioni poste dalla Russia. Non accadrà mai. Negli ultimi trent'anni gli ucraini hanno capito che la democrazia è la cosa più importante. Nessuno vuole tornare sotto la dittatura.

Andrea Besati
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