Costa, Bulciago, Nibionno: la situazione in Iran nella serata promossa da Amnesty

''Ogni persona che stasera, e nella vita di tutti i giorni, decide di porre al centro i diritti umani è parte del cambiamento''. Sono queste le parole con cui gli attivisti di Amnesty International hanno dato avvio all'incontro di approfondimento sulla situazione in Iran proposto dalle biblioteche di Costa Masnaga, Bulciago e Nibionno.
In molti nella serata di giovedì si sono riuniti presso il Costaforum di Piazza Confalonieri per approfondire la situazione drammatica che investe il Paese del Medio Oriente.

Da sinistra Antonio Scordia, responsabile Amnesty Italia coordinatore area medio oriente e nord Africa,
Giovanni Vassena del gruppo Amnesty Lecco e Raffaele Luzzana, attivista

''La rivolta in Iran assomiglia sempre più a una rivoluzione, nata come la sfida di giovani uomini e giovani donne, ha portato dalla propria parte sempre più cittadini e nuovi gruppi. È una rivoluzione contro un regime teocratico che ha fatto dell'Islam non solo un'ideologia, ma anche un potere feroce e disumano'' ha detto il moderatore Simone Casiraghi, introducendo la serata.
La ferocia e la disumanità del regime, come hanno ricordato i relatori attivisti di Amnesty International Italia presenti all'incontro, si palesa oggi con una repressione molto violenta di fronte a giovani imprigionati, torturati, picchiati e giustiziati. Tutti i giovani protagonisti della rivolta sanno che un'altra vita è possibile ma a costo della loro incolumità, e della loro vita, da quasi cinque mesi non smettono di animare università, strade e piazze.

''Non esiste per noi un diritto pieno e inviolabile se dall'altra parte del mondo, o vicino a noi, c'è qualcuno che si batte per chiedere verità, libertà e giustizia. Questo è l'assunto di base da cui vogliamo iniziare a riflettere. Una violazione non è mai frutto di un singolo elemento, ma riflette una situazione di grande complessità. È utile quindi guardare ai fatti con uno sguardo ampio, d'insieme, che permetta di mettere in luce l'interdipendenza tra diversi fattori, culturali, sociali, politici ed economici'' ha detto Antonio Scordia, responsabile in Amnesty Italia del coordinamento Medio Oriente e Nord Africa.

Il moderatore Simone Casiraghi

A raccontare la drammaticità di questa situazione sono state le storie; storie di donne divenute simbolo di coraggio, libertà e rivolta. Con brevi letture due studenti della scuola di Costa Masnaga hanno ripercorso i tragici avvenimenti iniziati il 27 dicembre 2017 quando, in viale della Rivoluzione a Teheran, una ragazza di nome Vida si è arrampicata su una centralina elettrica, si è tolta l'hijab bianco e lo ha infilato su un bastone sventolandolo in aria. ''E' il primo segno di protesta contro le strette del regime, passarono solo 10 minuti e la ragazza venne arrestata e portata via. Da allora Vida è conosciuta come la ragazza del viale della rivoluzione. Per quel suo gesto è stata condannata a un anno di reclusione, ed oggi, cinque anni dopo, la storia continua a ripetersi con conseguenze sempre più drammatiche''.

Cinque anni più tardi è stata la morte di Masha Amini a far esplodere le proteste in tutto il paese. I disordini e i raduni, inizialmente per protesta, si allargano a macchia d'olio per tutto l'Iran dando voce un ampio dissenso contro la Repubblica Islamica. In meno di 15 giorni le proteste si sono infatti diffuse in 161 città e in tutte e 31 le province del paese, è divenuto un conflitto intergenerazionale che coinvolge tutti gli strati della popolazione. Ma il regime ha risposto alle manifestazioni e alle richieste di libertà e diritti sferrando una durissima repressione.

''Dall'ultimo rapporto delle organizzazioni che difendono i diritti umani finora sono stati registrati 530 morti fra i manifestanti, 71 di questi bambini, e gli arresti si aggirano a 19 mila" hanno spiegato gli attivisti, che giornalmente si occupano delle tensioni sociali e civili che interessano il globo. Sono diverse infatti le situazioni conflittuali, nel mondo sono 170, e spesso al centro c'è proprio la richiesta di libertà: libertà di manifestare, di studiare, di scrivere, di pensare. Il simbolo della lotta iraniana è divenuto l'hijab, la libertà di poterlo indossare, o non indossare, come si ritiene giusto. Ma le rivendicazioni non si riducono a questo: la lotta è divenuta intergenerazionale, vede le nonne a fianco delle nipoti che scendono in piazza per chiedere il rispetto delle differenze, delle diversità che, come ha ricordato il giovane Maijdrezza durante una manifestazione, "rendono bella la vita''.

''La violazione dei diritti umani in Iran non è purtroppo storia recente, Amnesty cerca di far luce su questa situazione che si protrae almeno da 50 anni. Certo, dopo la rivoluzione del '79 la situazione si è aggravata. Oggi in prigione ci sono almeno 100 manifestanti sui quali pende la pena capitale. Sono tutti giovani, persone normali, insegnanti, registi, calciatori, attivisti, politici e volontari, che non avranno la certezza di un processo equo. I processi sono sommari, si svolgono a porte chiuse e termineranno con sentenza farsa'' hanno aggiunto gli attivisti, affermando che è necessaria la cooperazione internazionale affinché si faccia pressione sul regime, si impongano sanzioni e si dia così modo alla popolazione di scegliere. ''Non dobbiamo guardare alla situazione in Iran con i nostri schemi che definirei "occidentali", dobbiamo comprenderne la complessità, la storia, e appoggiare la rivolta con i pochi strumenti pratici di cui disponiamo, raccolte fondi, petizioni e manifestazioni, per lasciare libero il popolo di scegliere'' ha aggiunto Raffaele Luzzana, membro di Amnesty International Italia.
Sara Ardagna
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