Molteno: il percorso intenso dell'adozione nel racconto di Fabio Selini, un papà

''Quando incominci il percorso adottivo hai due scelte: o goderti la tua famiglia e decidere che la vita prosegua su questo canale oppure, come ho fatto io, fare la scelta di avere una famiglia con l'adozione, ma di raccontarla agli altri con l'idea di costruire una cultura dell'adozione''. Con queste parole Fabio Selini, proveniente dalla provincia di Bergamo, papà adottivo, coordinatore del servizio animazione in una grande struttura per anziani, ha esordito nell'incontro promosso dall'organizzazione di volontariato ''Raccontiamo l'adozione'', un'associazione nata nel 2003 da genitori adottivi, con la finalità di informare, confrontarsi, aiutare le famiglie adottive e le coppie che intendono compiere questa esperienza.

Fabio Selini (secondo da destra) con le referenti di ''Raccontiamo l'adozione'' e gli assessori Sara Brenna e Davide Conti

Ospite della serata che si è tenuta lo scorso fine settimana nella sala consigliare di Molteno è stato appunto Selini che 16 anni fa ha scritto il suo primo libro per raccontare il punto di vista di un padre adottivo. Negli anni successivi hanno fatto seguito altri volumi sul tema delle adozioni, vissute personalmente.

Sollecitato dalle domande della presidente Roberta Bosisio e dalla segretaria Luciana Dottori, il papà risposto agli interrogativi con franchezza, senza tanti giri di parole attorno alle questioni più spinose, ma alleggerendo con battute di spirito. ''Ogni bambino ha diritto alla famiglia. Non esiste un diritto alla genitorialità: non è nostro diritto diventare genitori, ma c'è un diritto a essere figlio. Bisogna essere mossi dal diritto del bambino, ma quando si comincia il percorso è perché, diciamocelo, uno vuole diventare genitore'' ha dichiarato, parlando della macchina burocratica che richiede tempi lunghissimi, tre-quattro anni, prima che un bambino possa essere abbracciato dalla sua famiglia. ''Nel momento in cui mi viene data la possibilità di muovermi, dall'altra parte c'è mio figlio che aspetta: mi rendo conto che più tempo passa in istituto, più il suo diritto alla famiglia viene leso. La burocrazia non si occupa del diritto del bambino, è una macchina che serve per fare le cose secondo criteri. Io credo invece che ogni minuto che si perde, è sottratto al figlio. Al bambino viene così leso il diritto alla famiglia e di crescere in modo sano''.
Sulla questione delle adozioni aperte e miti, Selini ha chiarito che ''quando c'è il diritto del bambino, qualunque formula può essere valutata. D'altra parte, la loro alternativa è rimanere in comunità. Credo che le discussioni attuali siano strumentali perché i discorsi sui bambini vanno sempre approfonditi''.

Selini, nei suoi testi, si ritiene un padre sospeso e ha specificato la definizione di questo termine. ''Quando andavo in Tribunale a prendere i documenti, mi sentivo già un papà, ero pronto ma eravamo genitori in attesa, sospesi in questa condizione, tanto che quando arrivava il momento dell'incontro con il figlio, pur nella più grande felicità e adrenalina, eri ormai cotto. Per me c'era sempre una sofferenza profonda perché mi rendevo conto che in questo sistema adottivo qualcosa non funziona''.

L'ospite della serata ha vissuto sulla propria pelle anche un'adozione spezzata, non andata a buon fine. Si trattava per la coppia di genitori del secondo tentativo, ma ancora oggi è difficile per lui parlare di questo trauma, raccontato pubblicamente più volte dallo stesso Selini negli anni scorsi. ''Dopo la nostra prima adozione in Russia, ci siamo rivolti nuovamente allo stesso ente nel quale avevamo riposto fiducia. Ci viene detto che si sta aprendo un nuovo canale in Kirghizistan e che entro sei mesi avremmo avuto il figlio. Dovevamo partire verso l'estate di quell'anno, poi ci sono state delle lungaggini. Non è successo nulla fino all'anno successivo, il 2012, quando sono partite le prime coppie. Mi viene poi detto dall'ente che il bambino non c'è più: noi avevamo già la sua foto in cucina, avevamo coinvolto l'altra figlia e avevamo già informato alcuni amici. Ci avevano assicurato ci fosse ''un secondo abbinamento con un bambino sicuro''. A settembre 2012, sono partite sei coppie, tra cui io e mia moglie: incontriamo il nostro referente, entriamo in istituto e vediamo i bambini. Lo portiamo fuori, lo facciamo giocare con nostra figlia, lo facciamo mangiare in albergo con noi, facciamo la procedura con un giudice in tribunale. Siamo tornati a casa e, verso la metà di luglio, sono arrivate le prime notizie di arresti per uno scandalo internazionale delle adozioni che coinvolge l'ente a cui ci eravamo affidati. Per mesi, il nostro ente ha respinto ogni accusa, ma poi abbiamo scoperto che il giudice era una comparsa in un tribunale vero, che il nostro referente era sotto falso passaporto ed era evaso da un carcere russo. Comprendiamo che qualcosa non torna e che il bambino non arriva a nessuna delle famiglie. Si è scoperto che tutti loro erano stati affidati temporaneamente all'istituto dai nonni, che poi ne avrebbero assunto la patria potestà. L'ente è stato chiuso. Quello che è successo a questi bambini, sfruttati e venduti, è inaccettabile''. E ha aggiunto: ''Mia figlia è la principale vittima di questa storia: il papà per un anno ha battagliato per un anno per portare a casa il bambino. Mia figlia mi ha chiesto se anche la sua adozione fosse stata una truffa: era una domanda che aveva dentro di sé da molto tempo. Le ho detto di non permettersi di pensarlo, poi ne abbiamo parlato''.

Dopo la scottante esperienza della mancata adozione, la coppia ha deciso di riprovarci, volando questa volta in Brasile.
Selini ha raccontato anche il viaggio di ritorno in patria della prima figlia. ''Il discorso della famiglia d'origine è sempre stato da noi trattato. A 16 anni, mia figlia ha cominciato a dire di voler andare a San Pietroburgo. Dietro questa richiesta, era chiaro ci fosse l'intenzione di incontrare la mamma. Io e mia moglie abbiamo deciso che il nostro compito di genitori era di essere presenti: avevamo messo alcuni paletti come andare tutti insieme, visitare la città ed entrare nell'istituto. Quando siamo arrivati in Russia, era chiaro che l'obiettivo di mia figlia fosse quello di incrociare sua mamma e, molto già razionalmente, di riconoscersi nei suoi concittadini. Ne abbiamo parlato tempo dopo e lei non si è riconosciuta. Abbiamo vissuto la sua fatica di cercare le radici e non trovarle. Per me tornare in istituto è stato uno dei momenti più dolorosi: non mi toglievo dagli occhi le immagini dei bambini. Credo che il viaggio di ritorno non debba essere affrontato in autonomia dai figli: devono fare ciò di cui hanno necessità ma sapere che, se succede qualcosa, noi siamo un passo indietro''.

Pochi consigli da Fabio Selini ma tanti spunti e riflessioni utili per le coppie prossime a diventare genitori e uno sguardo sull'adozione dal punto di vista paterno, nella maggior parte dei casi meno approfondito rispetto a quello della madre.
M.Mau.
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