Casatenovo: a RiFuGio la regista Federica Corti con il suo cortometraggio sul catcalling

Tutte le donne, almeno una volta nella vita, si sono sentite fischiare per strada, oppure urlare frasi come ''Che bella che sei''. Questo fenomeno, chiamato catcalling, è al centro del cortometraggio ''Ciao bella'' presentato dalla regista Federica Corti nella serata di giovedì 6 aprile a Villa Facchi di Casatenovo, nel contesto di un'iniziativa organizzata dall'associazione giovanile RiFuGio.

Da sinistra la regista Federica Corti e Michela Cavenaghi di RiFuGio

Federica, classe 1995, è originaria di Molteno e da parecchi anni vive a Roma, dove ha preso il via la sua carriera nel mondo del cinema. Dopo un'esperienza nel campo audiovisivo iniziata quando aveva circa 16 anni con serie tv per ragazzi, Federica si è spostata nell'ambito cinematografico, entrando anche a far parte delle sei registe donne selezionate per il programma di mentoring finanziato da Netflix e i Premi David di Donatello.
Come ci ha spiegato, il cortometraggio ''Ciao bella'' realizzato nel 2021 è frutto di un lavoro di interviste fatte a persone trovate per strada, che avevano come scopo l'analisi del fenomeno del catcalling, da sempre esistito in Italia ma al quale si è dato un nome solo qualche anno fa. Il lavoro della regista originaria di Molteno, tra l'altro, è stato selezionato dal festival internazionale Visioni dal mondo, una manifestazione dedicata al cinema documentaristico d'autore.

Tornando all'iniziativa di RiFuGio, poco dopo le 21, in seguito alla visione del corto, i partecipanti sono stati guidati in un dibattito dalla regista Federica Corti e da Michela Cavenaghi dell'associazione, che hanno sollevato alcune questioni inerenti al tema.
''Nei miei lavori porto all'attenzione temi che mi stanno a cuore'' ha affermato l'ospite. ''Per questo ho pensato fosse importante trattare il fenomeno del catcalling che è così diffuso in Italia, in particolar modo nelle grandi città'' ha continuato, spiegando inoltre la sua volontà di portare all'interno del lavoro un doppio punto di vista, attraverso interviste sia a uomini che a donne. Importante per la costruzione del messaggio condiviso attraverso il corto anche il supporto di una professoressa e esperta di studi di genere dell'Università Sapienza di Roma, che si è occupata di commentare gli interventi.
''Le domande da porre agli intervistati sono emerse in modo naturale, soprattutto con gli uomini'' ci ha spiegato la regista. ''Ho avuto reazioni onestissime, tutti si sono sentiti a loro agio e mi hanno raccontato cosa ne pensavano''.
Molti, infatti, i punti di vista emersi grazie alle numerose interviste realizzate da Federica: alcuni uomini, di fatto, sottolineavano quanto il catcalling fosse sbagliato e una molestia verbale a tutti gli effetti, mentre altri lo vedevano sotto il punto di vista di un simpatico gioco.

Un gioco che purtroppo è sempre a spesa delle donne. Una goliardia che si realizza sempre e solo sul loro corpo. ''Se le dico che è bellissima, cosa ho fatto di sbagliato? Pensa se avessi detto che è brutta'' è una delle frasi più tipiche che sentiamo pronunciare quando emerge il tema del catcalling, ancora estremamente sottovalutato dalla nostra società. ''La cosa importante che è emersa da questo cortometraggio, è che c'è la necessità di iniziare a creare consapevolezza nei giovani in merito al fatto che il catcalling alimenti la paura delle donne per strada'' ha affermato Federica. Una paura che limita inevitabilmente la vita delle donne, che non si sentono libere in uno spazio condiviso, come la strada.

Alcuni dei presenti alla serata di RiFuGio hanno poi sollevato il tema dell'immedesimazione da parte dei maschi nella situazione che vivono le donne. Perché, come ha detto l'esperta di studi di genere nel corto, se il patriarcato è veramente morto, allora per quale motivo una donna non può sentirsi sicura di camminare per strada la sera? Perché deve scegliere la strada più illuminata e affollata per tornare a casa? Perché non può vestirsi come vuole e prendere il pullman dopo il tramonto?
La risposta è che la paura esiste, il timore di essere avvicinate e ricevere attenzioni non desiderate è viva in noi. E allora, come hanno ricordato Federica e Michela, bisogna combattere una battaglia non divisi a squadre composte da maschi contro femmine, bensì rivendicare insieme un diritto caro a tutti: la libertà.
S.L.F.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.