Barzanò: mezzo secolo fa l'arrivo in paese di don Giuliano, parroco che lasciò il segno

Don Giuliano Sala
Una figura sacerdotale capace di lasciare un segno indelebile a trecentosessanta gradi e non soltanto nella vita spirituale della comunità. Scomparso nel 2015, il ricordo del parroco don Giuliano Sala è ancora profondamente vivo a Barzanò. Figura dotata di una spiccata personalità, indubbiamente il sacerdote originario di Seregno ha caratterizzato la storia del paese, dove ha lasciato traccia tangibile del proprio passaggio. Come non ricordare la realizzazione del grande palazzetto presso il centro Paolo VI o ancora la scelta di proporre un'alternativa scolastica rispetto all'offerta del tempo, fondando il liceo linguistico Parini, attivo ancora oggi.
''Don Giuliano lavorò moltissimo per il Signore, curando in modo particolare la formazione e le prediche. Donò tutto se stesso per la Chiesa che servì con impegno e determinazione, come lo spingeva a fare il suo carattere forte. Poi la malattia fermò lo slancio di don Giuliano, che cercò comunque – fino a che gli fu possibile – di assicurare una presenza assidua in confessionale per essere di aiuto ai fedeli e ai suoi confratelli. Un ulteriore aggravarsi delle sue condizioni lo costrinse infine a una preghiera nascosta e silenziosa, all’abbandono fiducioso al Signore che vedeva nel profondo del suo cuore'' le parole dell'allora Arcivescovo di Milano Angelo Scola, pronunciate alla morte di don Giuliano di cui proprio quest'anno ricorrono i cinquant'anni dal suo arrivo a Barzanò dove era rimasto parroco sino al 2005, continuando poi a vivere in paese, a pochi dalla chiesa di San Vito.

Di seguito ospitiamo il ricordo di Mario Frigerio affidato alle colonne di Vita della Comunità, il mensile di riferimento per le parrocchie di Barzanò, Cremella e Sirtori. Una sorta di lettera aperta all'ex parroco nella quale si ripercorrono le principali tappe della lunga e significativa esperienza vissuta in paese.
Caro Don Giuliano,
ho voluto iniziare questa lettera con le bellissime e azzeccate espressioni di Monsignor Stucchi e del Cardinale Scola, sintesi sapienti del carattere (a ragione definito forte e determinato e al contempo cordiale) e della vita di un prete spesa interamente per la propria gente: l’ho fatto  per compensare e farmi perdonare in anticipo l’incompletezza e imprecisione dei miei personalissimi ricordi.
Era scoppiata la primavera del 1973 e stavo tornando dal servizio militare, quando Lei arrivò a Barzanò, accompagnato dal sorriso della Sua mamma e dalla spontanea simpatia di una ragazza dallo spiccato accento di “Sarègn”, che aveva deciso di donare l’intera sua vita al servizio di un sacerdote e della sua gente.
Il Suo arrivo rappresentò una scossa per la vita della comunità parrocchiale, che viveva un periodo di stasi: il Suo predecessore era ormai molto anziano e il coadiutore Don Angelo suppliva alle inevitabili carenze con impegno solitario e gravoso e fantasia a costo zero, celebrando dignitose liturgie, animando la catechesi con filmati e diapositive e attirando l’attenzione sull’oratorio con i giochi tra i rioni del paese, la fiaccolata (la prima partì dalla chiesetta di San Feriolo), il carro di carnevale (un trattore che trainava un rimorchio addobbato e stracolmo di bambini mascherati e urlanti).    
Lei venne, vide e agì con prontezza. La prima iniziativa fu la fondazione della Polisportiva. La gioventù, il Suo pensiero dominante: non per niente gli anni di ministero presso la parrocchia di San Giuseppe a Seregno Le avevano meritato il titolo di “prete dei giovani”. La vista dei terreni del beneficio parrocchiale presso la Campagnola fece nascere il sogno: lì sarebbe sorta una grande struttura e sarebbe stata chiamata Centro Giovanile Paolo VI, per sottolinearne l’apertura a tutti i giovani del paese. E poi la chiesa: oltre alle modifiche richieste dal rinnovamento liturgico conciliare (arretramento dell’altare maggiore, installazione di un nuovo altare rivolto al popolo, eliminazione delle balaustre), una verifica accurata mise in luce il pericolo rappresentato dall’infiltrazione delle acque della collina: il rischio era che le pie e mattiniere  donne della messa delle sei si ritrovassero trascinate a cantar salmi a Renate o ancora più in giù. Battutaccia a parte, un altro problema che andava a gravare sulle finanze della Parrocchia.
Lei non si scoraggiò, sapeva di poter contare sulla generosità della Sua gente. E non ebbe timore di appellarsi alla solidarietà e responsabilità dei più abbienti del paese, incurante delle critiche dei paladini di una Chiesa intesa quale ovile esclusivo dei poveri: del resto, se Gesù non avesse avuto uno sguardo libero dai pregiudizi e avesse dato ascolto ai “puri” del suo tempo, il piccolo Zaccheo sarebbe ancora appollaiato sul sicomoro, Matteo anziché scrivere il Vangelo avrebbe continuato a compilare i registri dell’Agenzia Imperiale delle Entrate, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo non sarebbero corsi a calarlo amorosamente dalla Croce e deporlo nel sepolcro.
La Sua voglia di fare, e fare bene, per il bene delle persone che Qualcuno Le aveva affidato, non si fermò qui: vennero le vacanze estive per le famiglie in montagna (quanto volontariato spontaneo e pieno di allegria mossero), la ristrutturazione del salone e l’apertura del cinema teatro Il Mulino (unica sala del Paese), la fondazione della Cooperativa Comunità Nuova per gestire separatamente le spese delle attività extra liturgiche (un concetto innovativo), l’ispirazione per la creazione della Scuola Materna Primavera (gestita dai genitori dei bambini), la nascita de La Voce di Barzanò (che oggi continua la sua funzione informativa e formativa con Vita della Comunità).
La Sua passione educativa La spinse poi nel 1979 a fondare l’unica scuola superiore cattolica del territorio, il Liceo Linguistico Giuseppe Parini, provocando anche qui l’acido commento dei malevoli ad oltranza: “la scoeula di sciuri”. Dimentichi che la scuola paritaria è costretta al ruolo di riserva per un’élite economica perché lo Stato omette scientemente di attuare il principio della libertà di educazione sancito dalla Costituzione, dando oggi per ogni alunno delle paritarie un contributo di 500 euro quando il costo affrontato per uno studente degli istituti statali è di circa 7.000 euro l’anno. Oltretutto, Don Giuliano, Lei è stato anche lungimirante: visto l’abbandono pressoché totale della pratica religiosa e dell’oratorio dopo la Cresima, la scuola resta fondamentale luogo di incontro personale atto a proporre un’educazione alla vita e alla speranza cristiana.
Sin qui ho parlato di iniziative pratiche, mettendo colpevolmente in secondo piano le cose più importanti di così tanti anni di sacerdozio: il miracolo quotidiano del Pane, il sorriso dei battesimi, la gioia dei matrimoni, il dolore condiviso della malattia e della morte, la misericordia della riconciliazione. Ed anche la sobria bellezza da Lei apportata alla liturgia e l’accuratezza posta alla preparazione delle omelie, sempre ispirate alle letture, chiare, prive dei termini oscuri dell’ecclesialese e per questo seguite con attenzione ed apprezzate dalla gente (ne ho qualche esempio manoscritto grazie alla benevolenza dell’Adele). E quanti di noi, io per primo, possono testimoniare della Sua premura per la salute fisica e spirituale dei Suoi parrocchiani, quanti possono dire della Sua capacità di ascolto, quanti ancora portano racchiusi nello scrigno della memoria i Suoi consigli paterni. Talvolta, Lei gravato dalla malattia, venivo a confessarmi nella Sua camera. Un giorno mi disse: quando arriva la tentazione, recita subito un “Angelo di Dio”. Da allora lo faccio, anche se non sempre funziona: il problema è che, invece dell’angelo, mi appare Lei, e spesso col cappello che Le avevano donato gli Alpini del paese il 25 settembre 1988, all’inaugurazione della Baita.
Un ultimo ricordo: gli esercizi quaresimali riservati agli uomini. Tre sere di preghiera e riflessione, che terminavano sempre col canto dell’Ave Maria. Le voci partivano lievi e pian piano salivano, fino a diventare un tuono alle parole “adesso e nell’ora della nostra morte”. Molte di quelle voci cantano e fanno festa lì con Lei, adesso.
Ogni tanto, don Giuliano, torni a volgere lo sguardo al campanile e ai tetti della Sua Barzanò, alle sue strade sulle quali ancora noi camminiamo. E preghi, ancora una volta, per noi.

MF
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