La poesia di Umberto Colombo/19: qual è (se c'è) il limite dell'umanità?

Secondo l'organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), organizzazione intergovernativa collegata alle Nazioni Unite, che dal 2013 ha dato avvio a "Missing migrants", un progetto per documentare tutti i casi di migranti morti o dispersi nel mondo - dal 2014 a oggi più di 26 mila persone sono morte o andate disperse nel tentativo di attraversare il Mar Mediterraneo. In particolar modo, l'80% di questi tragici avvenimenti si verifica nel Mediterraneo centrale, nella rotta tra il Nord Africa e l'Italia. Un tema attualissimo e politicamente molto dibattuto quelle delle migrazioni che da sempre caratterizzano il mondo.

Umberto Colombo, nella sua poesia settimanale, si sofferma sul fenomeno, dando rilievo a coloro che, malauguratamente, ne sono i protagonisti. "Visto il grande afflusso di migranti che scappano da situazioni tragiche ma che poi qui a volte, sono malvisti e fanno la fame. Ho scritto due versi per loro, sarebbe umano pubblicarla, sono anche loro figli dell'unico Creatore" è il suo pensiero. Qual è, se c'è, il limite dell'umanità?
L’esule in disgrazia

 
Sono solo pieno di nostalgia ed affamato

non ho nessuno a cui chiedere un aiuto

non parlo e non capisco il lor parlato

mi chiedo il perché da lontano sono venuto

 

dormo e mi sveglio dal piccolo vegliare

in strada tanta gente corre a casa

li guardo e sento il vibrato del mangiare

ho tanta fame e sete e sono sulla strada

 

lamento con me stesso un pianto triste

il sogno di avventura è cosa andata

ahimè a quel giorno per le fortune viste

quanto era meglio la vita che ho lasciata

 

a stracci me ne vado in giro solo adesso

ritorto e buio sull’umano son diventato

non sento e non vedo alcun riflesso

perduto sono sul mio valor ormai stonato

 

non trovo al presente alcun riferimento

di cosa potrà essere domani il mio destino

sono radiato da tutto il firmamento

nero è il mio colore già da bambino

 

in questo paese visto da me importante

non trovo ambiente capace d’apprezzare

quanto io stesso potrei essere zelante

di spirito di forza di volontà pronta sul dare

 

faccio appello ad un migliore mio destino

non voglio esser di peso alle persone

con grazia e vigore son pronto ad un inchino

la patria mia reclama, rispetto non derisione


Umberto Colombo

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