Mario De Francesco: una storia dimenticata e ricostruita grazie all'assessore Corti

Il Comune di Oggiono ha ricevuto la conferma che riceverà una ''pietra d'inciampo'' da dedicare alla memoria di Mario De Francesco, deportato nei campi di concentramento nazisti. La sua storia però, nota ormai solo a pochi oggionesi, non è mai stata chiarita e si perde nelle vicende dei mesi più caotici della Seconda guerra mondiale, verso la fine del conflitto. Solo di recente è stato possibile tracciare un quadro complessivo dei fatti occorsi a De Francesco, grazie alle ricerche effettuate dall'assessore alla cultura Giovanni Corti.

L'assessore alla cultura Giovanni Corti

Mario De Francesco era nato in provincia di Campobasso nel 1923. Suo padre Enrico era medico condotto di Oggiono, paese nel quale si era trasferito con la famiglia.
Mario viene chiamato alle armi nel mese di luglio 1943, indirizzato verso un corso per allievi ufficiali. Dopo l'8 settembre si trova a Oggiono, dove riceve il congedo dal servizio militare. È il mese di novembre quando viene richiamato alle armi fra le fila della Repubblica Sociale Italiana. Nel gennaio 1944 si trova in servizio presso un reparto Bersaglieri lungo la fascia costiera genovese. In opposizione al regime fascista diserta. Ritorna ad Oggiono. Presso la sua abitazione a Palazzo Prina, dove suo padre aveva lo studio di medico, si presenta la milizia fascista. Non trovando Mario minaccia i membri restanti della sua famiglia. Per evitare ripercussioni sui suoi cari, De Francesco si consegna. Viene arrestato e condotto nel carcere Marassi nel capoluogo ligure. Un tribunale tedesco lo condanna a due anni di reclusione, è il luglio 1944. Finisce deportato nel campo di concentramento di Zöschen, in Sassonia.

Alcuni documenti sulla storia del deportato oggionese recuperati tramite ricerche in archivi

A questo punto, ricostruire la sua storia, diviene più complicato. La traccia delle sue vicende inizia a perdersi. Riemergerà e si interromperà nuovamente durante e, in particolare, nel dopoguerra. Terminato il conflitto i suoi familiari cercheranno di capire le sue sorti. Per diversi anni rimarranno incerte.
Presso l'archivio di stato di Como, Corti ha ritrovato alcuni documenti che, uniti ad alcune testimonianze e ricordi, assieme alle deposizioni raccolte dai Carabinieri e ad alcuni racconti pubblicati in due libri, hanno permesso di stabilire oggi, quasi con certezza, gli ultimi mesi di vita di De Francesco.
Durante la prigionia, sono altri cittadini oggionesi, anche loro deportati, ad incontrarlo. Come ricorda Dionigi Brusadelli, in una testimonianza raccolta da Franco Pirola, maestro di Oggiono, nel suo libro ''La mia Oggiono di ieri e di oggi''.

"Dopo otto giorni di viaggio - spiega Brusadelli - giungemmo a Bitterfeld, il primo campo di smistamento, dove ci separarono a gruppi e ci smistarono nei vari campi. Io rimasi col gruppo più numeroso (eravamo in 19) e venni mandato a Merseburg[...]. Il mio gruppo era occupato in una fabbrica, addetto allo sgombero delle macerie [...]. Dal nostro campo alla fabbrica c'erano cinque chilometri e tutti i giorni [i militari tedeschi] ci accompagnavano al mattino e ci riportavano alla sera [...]. Verso la metà del mese di marzo 1945 abbiamo visto il figlio del nostro dottore De Francesco, Mario, era amico di tutti noi e ci riconobbe tutti. Stavamo per scambiare qualche parola, quando un soldataccio tedesco lo trascinò via. Da quel bel ragazzo che era a casa era diventato un'ombra. Siamo andati per cercarlo, ma non l'abbiamo più visto. Deve essere finito in camera a gas poiché faceva parte di una compagnia di disciplina. Al nostro ritorno a casa siamo andati subito a parlare al dottore che si mise a piangere come un bambino''.
Quando Brusadelli consegna questa sua testimonianza al maestro Pirola, non era ancora possibile conoscere cosa accadde a De Francesco nei suoi ultimi mesi di vita. Nessuno aveva più avuto notizie di Mario che risultava uno delle migliaia di dispersi italiani in Germania.
A contribuire alla ricostruzione della storia di De Francesco, sono state le dichiarazioni di altri due cittadini oggionesi, ex deportati, rilasciate ai Carabinieri della locale stazione. Nel luglio 1949 Giuseppe Redaelli dichiara formalmente di aver visto De Francesco a Merseburg alla fine del mese di marzo del 1945.
''Stentai a riconoscerlo - spiega Redaelli ai Carabinieri - per le precarie condizioni fisiche in cui versava. Faceva parte di una colonna di altri infelici della compagnia di disciplina E. Indossava la casacca di carcerato. Mostrò di riconoscermi ma non mi fu possibile parlarci''.

Anche l'ex deportato Domenico Corti ricostruirà la vicenda confermando l'incontro visivo a Merseburg, dove De Francesco era: ''Inquadrato in una compagnia di disciplina di deportati politici [...]. Seppi che proveniva dal campo di Bukenwald [...]. Le sue condizioni fisiche erano veramente pietose. Fui da lui riconosciuto, ma non mi fu possibile avvicinarlo [...]''.
La testimonianza di Corti, raccolta dai Carabinieri di Oggiono, è particolarmente importante perché aggiunge due elementi significativi. In primo luogo, Mario De Francesco indossava la casacca da detenuto politico. Un elemento che, a sua volta, chiariva una serie di fattori. De Francesco non era stato trattato come un militare italiano deportato (Imi) internati dai tedeschi in campi appositi. All'epoca De Francesco non era, infatti, più inquadrato nel Regio Esercito, allo sbando dopo l'8 settembre. Era stato arruolato nel corpo bersaglieri della Repubblica Sociale Italiana. La sua diserzione dalla Rsi, forse unitamente ad altri fattori che ignoriamo ancora, ha in qualche modo spinto i tedeschi ad equiparare De Francesco a un prigioniero politico. Deportati, questi ultimi, che indossavano le casacche con i "triangoli rossi" destinati agli oppositori politici del regime fascista, ai comunisti e ai partigiani. Erano i prigionieri destinati a subire le sevizie e i maltrattamenti peggiori, seconde solo a quelle subite da ebrei e prigionieri russi. Forse, proprio questo suo inquadramento quale "deportato politico", nonostante fosse un militare disertore, ha contribuito a complicare le successive ricerche sulla sua prigionia.

Un secondo elemento significativo aggiunto da Domenico Corti riguarda la provenienza di De Francesco: Bukenwald. Un campo di concentramento e sterminio in cui venivano internati anche gli oppositori politici, uno dei maggiori lager della Germania nazista situato a meno di cento chilometri da Merseburg, la località della Germania in cui De Francesco viene visto.
Durante le fasi finali della Seconda guerra mondiale, con l'avanzata dell'Armata Rossa da est verso il centro Europa, molti campi di sterminio nazisti minori vennero chiusi e smantellati. Si trattò del tentativo di cancellare le prove dei crimini commessi contro diversi milioni di persone. I deportati al loro interno venivano sterminati sistematicamente oppure trasferiti forzatamente presso altri campi. In alcuni casi attraverso lunghe marce a piedi che - note come "marce della morte" - vedevano morire migliaia di prigionieri già privati del cibo da mesi e provati dal duro lavoro. In altri casi spostati tramite convogli ferroviari.
È quello che accade a De Francesco. Viene caricato su un treno merci la cui destinazione rimane ad oggi non nota. Ciò che è certo è che con lui si trova Paolo Losacco. Un altro deportato la cui storia ha, per diversi mesi, intrecciato quella di De Francesco. Ad iniziare dall'arruolamento forzato fra le fila dei bersaglieri della Rsi in Liguria. È a fianco di De Francesco quando, con altri, disertano. Losacco finì internato nel campo di concentramento di Zöschen, lo stesso in cui era stato imprigionato De Francesco. Quando, dopo quasi un anno di prigionia nei lager, viene costretto a salire su di un treno per essere trasferito, Losacco è ancora a fianco di Mario. In una stazione, durante una delle soste del treno, decidono di tentare la fuga con altri prigionieri. Solo in pochi riescono ad allontanarsi dal convoglio, vengono tutti ricatturati e immediatamente assassinati. Fra gli uccisi, in base alla testimonianza di Losacco, vi era anche Mario De Francesco. Era il mese di maggio del 1945, la Seconda guerra mondiale volgeva al termine.

Nel dopoguerra i familiari di Mario De Francesco, non avendo più sue notizie dall'arresto avvenuto a Oggiono e dalla sua incarcerazione al Marassi di Genova, tentarono di comprendere le sue sorti. Più volte si sono recati presso le autorità e il Distretto Militare di Como, senza ottenere i chiarimenti richiesti. Paradossalmente, arrivò una triste beffa. Un avviso di richiamo alle armi consegnato nel 1946 e destinato a Mario. Oggi in città non sono più presenti sue eredi. Il ricordo di Mario De Francesco è rimasto ormai nella memoria di pochi cittadini. Qualcuno menziona la sua passione per il calcio, forse come giocatore nelle fila dell'Oggiono. Nei prossimi mesi sarà posata la "pietra d'inciampo" che aiuterà a tenere viva la memoria di De Francesco, forse contribuendo a far riscoprire la sua storia fino in fondo.
Lorenzo Adorni
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