Cremella: il rapporto conflittuale con il cibo nella serata del Comune con il dott.Chinello

''Il cibo e i suoi disturbi'' è il titolo della serata promossa dall'amministrazione comunale di Cremella nella serata di mercoledì 3 maggio. Un’occasione per approfondire con il dottor Alessandro Chinello il ruolo del cibo nella vita di tutti noi, tra memoria ed emozioni, guardando anche alle patologie ed ai disturbi che si possono generare, in un'ottica di prevenzione e cura.


L'assessore Cristina Brusadelli con il dottor Alessandro Chinello

''Abbiamo pensato questa sera di approfondire un tema po' particolare, porre al centro il cibo, che è sempre sulle nostre tavole ma spesso non ne si conoscono le origini, né tantomeno i risvolti negativi di un rapporto conflittuale con ciò che dovrebbe essere, al contrario, il nostro miglior alleato'' ha introdotto la serata Cristina Brusadelli, assessore ai servizi sociali, presentando l’ospite relatore Alessandro Chinello, psicoterapeuta, specialista in neuropsicologia e ricercatore presso la Fondazione Maria Bianca Corno.



Dopo la pandemia sono infatti aumentanti in modo consistente i disturbi legati ai giovani, i servizi per la salute mentale degli ospedali sono sovraccaricati, e in molti casi queste patologie riguardando proprio un rapporto conflittuale con il cibo.
L’esperto si è quindi rivolto al pubblico in sala evidenziando l’importanza di conoscere gli aspetti principali di questi disturbi e il loro contesto, in modo da prevenirne l’insorgenza o riconoscerli più velocemente. Per comprendere il ruolo che il cibo riveste nelle nostre vite non si può ridurne la complessità alla componente solo biologica, nel tempo si sono infatti sovrapposti significati, culture e tradizioni.



''Nonostante avremmo la possibilità di mangiare praticamente tutto, non siamo realmente onnivori: siamo condizionati nella scelta di ciò che ingeriamo da fattori sociali, famigliari e religiosi. E’ importante comprendere che la scelta del cibo non è esclusivamente personale e libera come potrebbe sembrare, al contrario riflette la nostra appartenenza culturale, geografica e famigliare. L’avanzare della civiltà umana ha poi aumentato la distanza tra noi e il cibo, se nell’antichità non c’era spazio né lavorazione alcuna tra la terra e il piatto, oggi è ultra processato sia dal punto di vista della forma che del gusto. Le nostre tavole non sono più un momento di socializzazione nel quale si tende ad essere realmente presenti, non rivestono più il ruolo di convivialità che la società dell’antichità gli ha attribuito'' ha detto lo specialista, evidenziando come la famiglia oggi non sia più uno spazio di comunità, e dunque come i famigliari non siano spesso grandi alleati nell’affrontare e riconoscere i disturbi alimentari negli adolescenti. Queste problematiche, a differenza di altre che interessano il periodo adolescenziale, sono infatti difficilmente riconoscibili e subdole; quando arrivano all’attenzione degli esperti sono spesso già passati uno o due anni, periodo in cui la struttura identitaria del ragazzo si è ben formata. Le relazioni distorte con il cibo sono generalmente di tre tipi: di rifiuto, come l’anoressia nervosa, di ambivalenza, come nel caso della bulimia nervosa, o di eccesso come accade nelle situazioni di obesità.



La manifestazione di questi disturbi si è precocizzata: non interessa più solo la fase dell’adolescenza, ma la si riscontra già negli ultimi anni delle scuole elementari. I casi più frequenti riguardano l’anoressia nervosa ed in particolar modo la popolazione femminile.
''L’anoressia nervosa, che nei casi più gravi porta al deperimento fisico del soggetto, è la malattia psichiatrica con il più alto tasso di mortalità e interessa maggiorente le ragazze. Questo per una combinazione di fattori: affrontano infatti cambiamenti psico corporei più consistenti, il corpo cambia repentinamente le proprie forme nella fase adolescenziale e la psiche difficilmente riesce ad adattarsi in tempi così brevi, causando uno squilibrio. Molto spesso si parte da una dieta sregolata alla quale si accompagna di lì a poco un’attività fisica eccessiva fino a contare minuziosamente ogni caloria ingerita'' ha aggiunto, spiegando ai genitori quali sono i segnali che spesso costituiscono un campanello d’allarme: iperattività, molta rigidità nell’affrontare le situazioni ed i cambiamenti, scarsa socialità, chiusura in se stessi e chiaramente la perdita eccessiva di peso. Il modello interpretativo di questi disturbi è mutato nel tempo, non è più l’eziologia famigliare, che tendeva a ricondurre l’insorgere di questi disturbi all’interno del contesto famigliare, ma è divenuto bio-psico-sociale. Si pensa dunque che, nell’insorgenza del disturbo, siano coinvolti diversi aspetti: in lievissima parte la componente genetica, dunque il corredo cromosomico, ma soprattutto le esperienze che il soggetto è riuscito a costruire all’interno della società e nella famiglia che ne hanno determinato la personalità.



Non si può non considerare, inoltre, il condizionamento sociale, non più veicolato solo dai mass-media, ma in cui giocano un ruolo da protagonisti i social network esponendo i ragazzi al continuo confronto con i corpi, le esperienze e le vite degli altri.
''La società di oggi è certamente complessa, per questo i genitori devono essere attenti e preparati nel cogliere i segnali per rivolgersi al più presto alla rete di servizi, primi fra tutti gli ambulatori per il disturbo alimentare, in modo che questi ragazzi possano essere aiutati al più presto''.
Sa.A.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.