Costa: alla scoperta delle erbe selvatiche con Federica Gironi

Ha riscosso grande successo l'escursione al parco di Brenno "Alla scoperta delle erbe selvatiche" organizzata dalla Biblioteca Comunale di Costa Masnaga. Sabato 6 maggio, accompagnati dalla botanica dottoressa Federica Gironi, i numerosi partecipanti hanno potuto confrontare le proprie conoscenze o avvicinarsi per la prima volta a questa interessante attività.

La raccolta di erbe selvatiche sta vivendo un momento di grande popolarità: è molto divertente andare "a caccia" per cucinare una cena strabiliante per gli amici, ma usare le specie selvatiche in cucina, ha sottolineato Federica Gironi, non è un gioco da sottovalutare e ha delle regole precise da seguire.

Prima di tutto un buon raccoglitore è in grado di procurarsi le preziose materie prime senza danneggiare l'ambiente. Poi è capace di non farsi prendere la mano, perché le piante selvatiche possono rappresentare sia un cibo salutare, sia un veleno mortale. Pertanto Federica ha dato subito ai partecipanti alcuni suggerimenti: innanzitutto bisogna essere sempre certi di saper identificare senza ombra di dubbio ogni pianta che si raccoglie. È importante imparare il suo nome latino (scientifico), non solo il nome volgare. Molte piante condividono lo stesso nome comune, ma sono specie completamente diverse: la stessa specie potrebbe invece avere nomi volgari diversi a seconda della zona e del dialetto locale. Se si ha anche soltanto un minimo dubbio, meglio non mangiarle. Il gioco non vale la candela.

Un'altra buona regola è quella di non raccogliere più piante di quelle che servono. A meno che si tratti di piante invasive (nel qual caso si farebbe un favore all'ambiente), la percentuale consigliata è il 10% della popolazione presente. Questo permette di lasciare abbastanza piante per la riproduzione e per l'alimentazione della fauna selvatica, minimizzando il danno all'ecosistema. In pratica se ci sono due o tre piante soltanto, non vanno raccolte: la sostenibilità è il punto chiave.
Per iniziare è consigliabile scegliere per prime quelle piante quasi impossibili da eliminare, come tarassaco (Taraxacum officinale), piantaggine (Plantago spp.), spinacio selvatico (Chenopodium bonus-henricus), farinello (Chenopodium album), ortica (Urtica dioica). In ogni caso Federica ha suggerito di evitare di utilizzare le radici.

Le piante protette o a rischio di estinzione non vanno mai raccolte. Tra queste bisogna fare attenzione alle specie endemiche, che crescono soltanto in aree molto limitate. Possono sembrare abbondanti in un luogo specifico, ma non ci sono nel resto del mondo: purtroppo non hanno il cartellino per saperlo, quindi è consigliabile informarsi prima sulle piante protette presenti nella zona. Orchidee, saprofite e liliacee sono generalmente piante da non raccogliere.

Infine la dottoressa Gironi ha illustrato le proprietà benefiche delle piante selvatiche. La conoscenza degli elementi nutritivi dei vegetali, negli anni, è andata oltre le vitamine e i minerali, aggiungendo un importante gruppo di elementi complessivamente noti come polifenoli, fitochimici o fitonutrienti, che hanno proprietà antiossidanti.

Con la nascita dell'agricoltura, circa 11.000 anni fa, l'uomo modificò radicalmente la sua dieta originale, selezionando le specie più gradevoli da mangiare: i frutti più dolci, i cereali più ricchi di amido e le piante ricche di olii. Diretta conseguenza dello scartare i cibi amari e fibrosi fu, però, una consistente perdita in fitonutrienti. Molte sostanze benefiche (tra cui anche il calcio), hanno infatti un gusto amaro, aspro o astringente.

Sorprendentemente, la maggior parte delle umili piante selvatiche commestibili hanno più fitonutrienti e vitamine delle cultivar selezionate nei secoli: l'ortica vanta cinque volte il contenuto di ferro e sette volte il contenuto di vitamina E degli spinaci; le foglie di tarassaco contengono 17 volte il contenuto di vitamina A degli spinaci, e sono anche più ricche di beta-carotene delle carote stesse.

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