Molteno: Roberto Sabatino racconta la sua ''vita da educatore'', raccolta in un libro

La vita dell'educatore. Lui, Roberto Sabatino, ne ha fatto un format per i social dove, con ironia, racconta i pregi della professione ma anche i lati più cupi come i modelli contrattuali nazionali che non riconoscono adeguatamente questa figura in termini economici, creando così una diaspora di persone alla ricerca di un ancoraggio sicuro per creare il proprio futuro.
Sabatino, classe 1982, nativo di Rapallo, dal 2007 lavora come educatore nelle scuole di ogni grado, nei centri di aggregazione giovanili e nei servizi educativi domiciliari nel territorio brianzolo. Ha aperto il blog "Vita da Educatori", che ha sviluppato poi su diversi canali social, per raccontare il suo lavoro. Parallelamente è anche speaker, telecronista sportivo, nonché autore di due libri calcistici: "Noi che vincemmo a Wembley" e "Raccontami il Prof", pubblicati con Edizioni Sportmedia.

Roberto Sabatino fra gli assessori Davide Conti e Sara Brenna

Venerdì 12 maggio è stato ospite del comune di Molteno per presentare il suo libro più recente "Vita da educatori. A nostro agio nel disagio" in cui ha raccolto la sua pluriennale esperienza in ambito lavorativo. Il libro contiene il racconto di oltre quindici anni di esperienze in diversi contesti educativi, tra momenti toccanti ed episodi tristemente denigranti, con la base d'ironia necessaria per rapportarsi al disagio quotidiano in cui gli educatori sono chiamati a plasmare dolori, deficit, ansie e paure, limando le distanze.
Presentato dall'assessore ai servizi sociali, nonché collega - anche lui è educatore - Davide Conti, ha subito chiarito i motivi per i quali, nonostante le difficoltà, non rinuncia a questa professione: "Faccio questo lavoro perché mi diverto ma deve esserci una predisposizione - ha detto Sabatino - Ci sono casi difficili, inseriti in contesti scolastici difficoltosi. Metterci una dose di passione e di creatività, è importante per sviluppare belle esperienze. Un buon educatore non è chi parla, ma chi usa le orecchie perché ascolta i ragazzi. Quando entro in classe, non mi metto mai vicino all'utente, ma giro per la classe e ne respiro gli umori".
Veniamo alla nota dolente di questo lavoro, che è il mancato riconoscimento a livello istituzionale. "I contratti nazionali prevedono una delle condizioni stipendiali più basse: la media di uno stipendio è di 1.100 euro al mese per stare dietro a situazioni in cui si chiede grande professionalità - ha aggiunto - All'interno delle scuole, molti professori non conoscono il nostro mansionario e spesso sono troppo concentrati sulla didattica. Bisogna lavorare anche su di loro".

Il rapporto con l'utente è il nucleo del lavoro dell'educatore, che deve avere una predisposizione umana per affrontare questo mestiere: "Abbiamo lo sguardo che altri non hanno: il nostro ruolo fa la differenza. Il professionista deve pensare a se stesso ma anche all'utente e riflettere su quanti danni facciamo tenendo duro perché questo può avere risvolti negativi. Prima del Covid ho seguito un caso di autismo molto grave: i genitori non riconoscevano la mia professionalità sulla capacità di intervento. Ho provato semplici attività e il ragazzo stava dando belle risposte, incominciando a essere meno aggressivo: con la pandemia, si è dovuto interrompere il lavoro. La madre aveva poi chiesto che l'educatore lavorasse solo sulla didattica e ho dovuto rinunciare. C'era un bel percorso che si era incanalato, ma non mi è stata l'opportunità. L'obiettivo di noi educatori, secondo me, è morire professionalmente: quando si capisce che con l'utente ci siamo detti tutto, è il momento di lasciarsi. Ho un ragazzo con cui sono stato sette anni, che non seguirò alle scuole medie: anche lui deve confrontarsi con altri perchè io non ci sarò sempre nella sua vita".

Sabatino ha rilevato che la pandemia ha acuito alcune problematiche nei giovani, che devono ancora essere tutelati e seguiti: "C'è ancora tanto disagio a seguito del Covid: i ragazzi e i bambini fanno ancora tanta fatica. Chi fa la scuola deve essere un porto sicuro per loro: dobbiamo trasmettere loro tranquillità".
Le difficoltà da affrontare quotidianamente sono molteplici e, più volte, è venuta l'idea di gettare la spugna, ma, in fondo, Roberto Sabatino ha confermato che consiglierebbe a un ragazzo di intraprendere questa strada: "Quando vado al lavoro mi diverto, vado con il sorriso e scherzo con i ragazzi. Quando penso che potrei andare a lavorare in fabbrica, so che mi mancherebbe l'adrenalina positiva. Il nostro è un lavoro che, se avesse i giusti riconoscimenti, sarebbe gratificante" ha concluso.
M.Mau.
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