Costa: la corte di cassazione propone la 'risoluzione anticipata' per la 'moschea'

Un altro colpo nella vicenda "moschea" a Costa Masnaga: la corte di cassazione propone la definizione anticipata della controversia. Il luogo di culto di via Cadorna esiste già dal 2000 ma non è mai stato autorizzato a livello urbanistico dal Comune di Costa: da oltre 20 anni, pertanto, si discute della legittimità della presenza dell'associazione all'interno dello stabile. La battaglia si dirime nelle aule di tribunale, dove il comune di Costa Masnaga e l'associazione islamica La speranza cercano di far valere le proprie ragioni.



Immagine di repertorio dello stabile di via Cadorna

Nel 2019, il tribunale amministrativo regionale (Tar) aveva dichiarato inammissibile la presenza dell'associazione La Speranza in via Cadorna ma quest'ultima aveva fatto ricorso al consiglio di stato che, a sua volta, aveva rimandato il giudizio al TAR di Lombardia. Quest'ultimo si era espresso nel 2021 - con sentenza pubblicata il 7 gennaio 2022 - stabilendo in estrema sintesi che l'associazione non poteva rimanere nello stabile attuale in quanto si trova in una zona industriale e non in un'area adibita a luogo di culto. Come da facoltà, l'associazione aveva fatto ricorso al consiglio di stato.
Lo stabile di via Cadorna, con l'attuale utilizzo, presenterebbe quindi un'irregolarità urbanistica, che il comune cerca di far valere attraverso la difesa dell'avvocato Umberto Grella. Tale abitazione è senza titolo edilizio in quanto era classificato, già nel piano di governo del territorio del 2012, come una zona di recupero in cui è vietato l'insediamento della destinazione d'uso per attività di culto. In sostanza, poiché tale edificio era destinato a magazzino, non può essere accettata la presenza, al suo interno, di un luogo di culto.
Va detto anche che l'associazione aveva peraltro impugnato, chiedendone l'annullamento, la variante al piano di governo del territorio (PGT) con la quale il Comune aveva individuato un'altra area in cui realizzare il luogo di fede islamica. L'impugnazione, giunta oltre i termini di ricorso stabili per legge, era stata dichiarata irricevibile dal Tar.




Quest'oggi è stata notificata alle parti una proposta di definizione anticipata della controversia: la prima presidente della Cassazione Margherita Cassano ha emanato un decreto in cui evidenzia che il motivo di ricorso è giudicato inammissibile, di fatto facendo presente all'associazione che, a questo punto, può ancora ripensarci e abbandonare il ricorso. Spetterà però a "La Speranza", nei 40 giorni di tempo concessi per legge, decidere se accettare la proposta oppure se opporsi, chiedendo al consiglio di stato la decisione. Se procederà in questo senso, l'associazione viene informata dalla Cassazione che potranno essere poste a loro carico le spese: "La Corte procede in camera di consiglio e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo ed il quarto comma dell'art. 96 cod. proc. Civ.", condannando quindi la parte soccombente al pagamento di una somma determinata a favore della controparte.  
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