Bosisio: MindBot è il cobot studiato al Medea per ridurre lo stress da lavoro
MindBot è il cobot che riduce lo stress del lavoratore. Sono stati presentati i risultati del progetto europeo iniziato nel gennaio 2020 e guidato dall’Istituto Scientifico Medea di Bosisio Parini.
Come sostenere la motivazione e l'impegno del lavoratore nell'interazione con i cobot? Come prevenire esperienze negative di ansia o noia, soprattutto in luoghi di lavoro altamente automatizzati? Come favorire l’inclusività nell’ambiente di lavoro delle persone con autismo?
Da questi interrogativi è nata l’idea di realizzare MindBot: Mental Health promotion of cobot Workers in Industry 4.0, un progetto europeo Horizon 2020 altamente innovativo che coniuga tecnologia e psicologia, ma anche attenzione alla persona e inclusione.
L'idea dei ricercatori dell'Area di tecnologie applicate del Medea è stata quella di progettare luoghi di lavoro in cui il livello di sfida e la difficoltà delle mansioni fossero in linea con le capacità e le competenze dei lavoratori per sostenere motivazione e l'impegno nell’interazione con i cobot: sono state prese in esame non solo le implicazioni tecnologiche dell’automazione, ma anche gli effetti della robotica sulle persone e sui loro sentimenti, per arrivare a progettare un prototipo di robot collaborativo, ''amico della salute mentale'' del lavoratore.
Il gruppo di ricerca ha visto partner con specifiche competenze in psicologia, organizzazione aziendale, riabilitazione, interfaccia cobot-operatore umano, intelligenza artificiale, sensoristica wearable, oltre a una delle maggiori aziende europee produttrici di robot e a un Ministero del lavoro.
Nello specifico, oltre al coordinatore IRCCS Medea, hanno partecipato al progetto l’Università degli Studi di Milano, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (istituto di Sistemi e Tecnologie Industriali Intelligenti per il Manifatturiero Avanzato STIIMA, Unità di Lecco), l’impresa belga Biorics NV, il centro di ricerca sull’intelligenza artificiale tedesco DFKI, l’Università croata di RiJeka, l’azienda tedesca produttrice di robot Kuka, l’Università tedesca di Ausburg e il Ministero del lavoro croato.
La multidisciplinarietà dei gruppi di ricerca coinvolti è stata cruciale per l’analisi dell’esperienza lavorativa da più punti di vista, facendo in modo che nessun aspetto venisse tralasciato.
Nella fase iniziale del progetto, i ricercatori si sono concentrati sul definire una baseline, ovvero un quadro complessivo dello stato psicofisico degli operatori che interagiscono con robot collaborativi all’interno delle catene di produzione delle piccole e medie imprese manifatturiere. Per raccogliere più dati possibili, sono state coinvolte numerose aziende in tutto il territorio europeo. In ciascuna di esse, oltre che l’osservazione dell’interazione uomo-robot durante i turni di lavoro, è stata organizzata una raccolta dati mirata ad ottenere informazioni relative allo stato emotivo e fisico dei lavoratori.
Il secondo step ha visto lo sviluppo della piattaforma MindBot, realizzata grazie all’integrazione di tecnologie in grado di decodificare la gestualità e l’espressione umana. ''Con il CNR abbiamo sviluppato un sistema di telecamere per monitorare l’operatore durante il lavoro'' spiega Fabio Storm, ingegnere ricercatore dell’IRCCS Medea. ''Abbiamo quindi stimato in tempo reale l'utilizzo dell'energia mentale e il recupero di un individuo, utilizzando come input la frequenza cardiaca e i dati sul movimento dell’utente raccolti da un dispositivo wearable; attraverso un algoritmo abbiamo poi decodificato l’espressione facciale e la gestualità del lavoratore per riconoscerne gli stati emotivi. Infine abbiamo progettato Andrea, l’avatar del cobot: attraverso un modello computazionale per la riproduzione delle emozioni umane, abbiamo codificato le informazioni su cui basare l'espressione facciale del nostro avatar, grazie al quale il cobot coinvolge l'utente nel lavoro, interagisce con lui, gli dice quando rallentare e quando spingere sull'acceleratore e, soprattutto, preserva il suo benessere mentale''.
I test di validazione della nuova piattaforma collaborativa sono stati organizzati negli scenari industriali riprodotti nei laboratori dei partner CNR-STIIMA e Università di Augsburg, coinvolgendo volontari e lavoratori.
Nel progetto MindBot sono state coinvolte persone con disturbo dello spettro autistico, che possono beneficiare in modo elettivo di una piattaforma robotica in grado di sostenere in modo continuo le sfide derivanti dall’adattamento all’ambiente. Numerosi volontari con autismo ad alto funzionamento sono stati coinvolti nella fase preliminare di identificazione dello stato emotivo-fisico durante l’interazione con il robot.
Le informazioni emerse sui loro bisogni e necessità sono state utilizzate come ulteriori linee guida per lo sviluppo tecnico della piattaforma. Gli stessi volontari sono stati invitati a partecipare anche alla fase di validazione della piattaforma, in modo da avere riscontro diretto sull’effettivo ottenimento di un ambiente di lavoro più accessibile e human-friendly.
“Coinvolgendo i potenziali utenti finali durante tutte le fasi del progetto, abbiamo potuto utilizzare un approccio personalizzato, che renda le tecnologie adattabili alla peculiarità di ogni singolo lavoratore, con o senza autismo, per valorizzarne l’intrinseca unicità” conclude Maria Teresa Bassi, Direttore Scientifico dell’IRCCS Medea.
Come sostenere la motivazione e l'impegno del lavoratore nell'interazione con i cobot? Come prevenire esperienze negative di ansia o noia, soprattutto in luoghi di lavoro altamente automatizzati? Come favorire l’inclusività nell’ambiente di lavoro delle persone con autismo?
Da questi interrogativi è nata l’idea di realizzare MindBot: Mental Health promotion of cobot Workers in Industry 4.0, un progetto europeo Horizon 2020 altamente innovativo che coniuga tecnologia e psicologia, ma anche attenzione alla persona e inclusione.
L'idea dei ricercatori dell'Area di tecnologie applicate del Medea è stata quella di progettare luoghi di lavoro in cui il livello di sfida e la difficoltà delle mansioni fossero in linea con le capacità e le competenze dei lavoratori per sostenere motivazione e l'impegno nell’interazione con i cobot: sono state prese in esame non solo le implicazioni tecnologiche dell’automazione, ma anche gli effetti della robotica sulle persone e sui loro sentimenti, per arrivare a progettare un prototipo di robot collaborativo, ''amico della salute mentale'' del lavoratore.
Il gruppo di ricerca ha visto partner con specifiche competenze in psicologia, organizzazione aziendale, riabilitazione, interfaccia cobot-operatore umano, intelligenza artificiale, sensoristica wearable, oltre a una delle maggiori aziende europee produttrici di robot e a un Ministero del lavoro.
Nello specifico, oltre al coordinatore IRCCS Medea, hanno partecipato al progetto l’Università degli Studi di Milano, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (istituto di Sistemi e Tecnologie Industriali Intelligenti per il Manifatturiero Avanzato STIIMA, Unità di Lecco), l’impresa belga Biorics NV, il centro di ricerca sull’intelligenza artificiale tedesco DFKI, l’Università croata di RiJeka, l’azienda tedesca produttrice di robot Kuka, l’Università tedesca di Ausburg e il Ministero del lavoro croato.
La multidisciplinarietà dei gruppi di ricerca coinvolti è stata cruciale per l’analisi dell’esperienza lavorativa da più punti di vista, facendo in modo che nessun aspetto venisse tralasciato.
Nella fase iniziale del progetto, i ricercatori si sono concentrati sul definire una baseline, ovvero un quadro complessivo dello stato psicofisico degli operatori che interagiscono con robot collaborativi all’interno delle catene di produzione delle piccole e medie imprese manifatturiere. Per raccogliere più dati possibili, sono state coinvolte numerose aziende in tutto il territorio europeo. In ciascuna di esse, oltre che l’osservazione dell’interazione uomo-robot durante i turni di lavoro, è stata organizzata una raccolta dati mirata ad ottenere informazioni relative allo stato emotivo e fisico dei lavoratori.
Il secondo step ha visto lo sviluppo della piattaforma MindBot, realizzata grazie all’integrazione di tecnologie in grado di decodificare la gestualità e l’espressione umana. ''Con il CNR abbiamo sviluppato un sistema di telecamere per monitorare l’operatore durante il lavoro'' spiega Fabio Storm, ingegnere ricercatore dell’IRCCS Medea. ''Abbiamo quindi stimato in tempo reale l'utilizzo dell'energia mentale e il recupero di un individuo, utilizzando come input la frequenza cardiaca e i dati sul movimento dell’utente raccolti da un dispositivo wearable; attraverso un algoritmo abbiamo poi decodificato l’espressione facciale e la gestualità del lavoratore per riconoscerne gli stati emotivi. Infine abbiamo progettato Andrea, l’avatar del cobot: attraverso un modello computazionale per la riproduzione delle emozioni umane, abbiamo codificato le informazioni su cui basare l'espressione facciale del nostro avatar, grazie al quale il cobot coinvolge l'utente nel lavoro, interagisce con lui, gli dice quando rallentare e quando spingere sull'acceleratore e, soprattutto, preserva il suo benessere mentale''.
I test di validazione della nuova piattaforma collaborativa sono stati organizzati negli scenari industriali riprodotti nei laboratori dei partner CNR-STIIMA e Università di Augsburg, coinvolgendo volontari e lavoratori.
Nel progetto MindBot sono state coinvolte persone con disturbo dello spettro autistico, che possono beneficiare in modo elettivo di una piattaforma robotica in grado di sostenere in modo continuo le sfide derivanti dall’adattamento all’ambiente. Numerosi volontari con autismo ad alto funzionamento sono stati coinvolti nella fase preliminare di identificazione dello stato emotivo-fisico durante l’interazione con il robot.
Le informazioni emerse sui loro bisogni e necessità sono state utilizzate come ulteriori linee guida per lo sviluppo tecnico della piattaforma. Gli stessi volontari sono stati invitati a partecipare anche alla fase di validazione della piattaforma, in modo da avere riscontro diretto sull’effettivo ottenimento di un ambiente di lavoro più accessibile e human-friendly.
“Coinvolgendo i potenziali utenti finali durante tutte le fasi del progetto, abbiamo potuto utilizzare un approccio personalizzato, che renda le tecnologie adattabili alla peculiarità di ogni singolo lavoratore, con o senza autismo, per valorizzarne l’intrinseca unicità” conclude Maria Teresa Bassi, Direttore Scientifico dell’IRCCS Medea.