Monticello: a che punto è il codice rosso sulle violenze?
Codice Rosso: il punto a quattro anni dall’entrata in vigore della legge è stato al centro di un incontro svoltosi stamani, sabato 21 ottobre, all’interno de ''La passione per il delitto'', il festival di narrativa poliziesca giunto alla 22esima edizione e promosso in sinergia con il Consorzio Brianteo Villa Greppi.
Nel 2019 una riforma del codice penale ha introdotto alcuni strumenti per velocizzare la parte iniziale del percorso giudiziario investigativo al fine di prevenire conseguenze più serie relative soprattutto alle violenze domestiche. I principali sono l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento, ossia di frequentare i luoghi frequentati dalla persona offesa.
Il codice rosso, va ricordato, riguarda reati sessuali, stalking, revenge porne, lesioni personali gravi e maltrattamenti in famiglia. Si tratta di un fenomeno complesso, senza risposte univoche sulle quali si sono interrogati i relatori della mattinata: il dottor Carlo Cecchetti, giudice del tribunale di Como e il capitano Giovanni Casamassima, neo comandante della compagnia Carabinieri di Merate, moderati dal giornalista Paolo Moretti.
La modifica della legge, come ricordato da Cecchetti, è originata nel 2017 a seguito della condanna dell’Italia in sede europea della corte dei diritti dell’uomo. Si trattava di un fatto del 2012 in cui una donna aveva denunciato comportamenti violenti e l’aggressività generale del marito.
''La denuncia risale a ottobre, ma il primo contatto con la Procura che deve farsi carico della notizia di reato avviene ad aprile. In quella occasione, convocata in procura, la donna ridimensiona la gravità dei fatti e dice che negli ultimi mesi le cose erano andate meglio. Il pubblico ministero (PM) ritiene che non ci sia la sussistenza del reato, salvo che per le lesioni. Il giudice per le indagini preliminari (GIP) archivia il caso'' rievoca il giudice. Quando al marito arriva l’accettazione del giudizio, comincia la spirale violenta che si conclude con l’uccisione del figlio e la ferita grave della donna. A seguito di diversi processi, la questione approda alla corte europea dei diritti dell’uomo, che stabilisce che l’Italia non aveva idonei strumenti processuali per intervenire su queste situazioni.
''Dalla condanna in sede europea passano tre anni all’adozione della legge, che fornisce alle istituzioni nuovi strumenti operativi capaci di essere molto rapidi: tutto questo è stato adeguato e come giudice, vi dico che vero - prosegue il giudice Cecchetti - L’aspetto positivo è rispondere in tempi brevi, ma questo si porta dietro un bagaglio di problematiche. Il codice rosso ha introdotto l'allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento, di frequentare i luoghi frequentati dalla persona offesa. Questi sono strumenti efficaci perché hanno introdotto scalini intermedi rispetto alle misure più pesanti di restrizione della libertà e sono misure che tendenzialmente funzionano, anche se nessuno può sapere se si eviterà il reato, perché tutto si basa sull’autodisciplina dell’indagato''.
Il comandante della compagnia Carabinieri di Merate Giovanni Casamassima ha portato la sua esperienza personale. ''Prima di arrivare qui, lavoravo a Tivoli, dove la procura aveva adottato piccoli accorgimenti come la delega generale alla polizia giudiziaria a fare quello che successivamente avrebbe dovuto fare il PM, visto che la vittima, dopo aver già compiuto uno sforzo personale recandosi al comando di polizia per riferire fatti personali, è costretta a ripeterle di nuovo al PM. Questa delega ha messo la vittima nelle condizioni migliori per raccontare una sola volta e una per tutte la vicenda. Da qui discende la volontà delle forze di polizia di essere formate. Tra le domande che poniamo alle vittime, ce ne sono alcune che sono campanelli d’allarme per capire se si tratta davvero di codice rosso: per esempio, sapere se c’era già separazione o era ancora una convivenza con il coniuge. Questo interrogativo è utile a comprendere la gravità del fatto ma anche l’eventuale strumentalizzazione della denuncia per altri fini, legate alla separazione''.
Il comandante ha poi messo in evidenza come si lavori - a tutti i livelli - nella formazione dei militari: inizia sin dagli operatori della centrale che ricevono il primo segnale di disagio. Questi sono formati per raccogliere alcuni dettagli al telefono che possono far scattare le procedura, come l’ascolto di rumori di fondo o sapere se c’è la presenza di armi in casa. A questo punto il compito passa alla pattuglia che interviene sul territorio.
''La formazione è continua ma non ancora sufficiente perché, una volta che il militare interviene sul posto, deve avere la sensibilità di capire cosa è successo - ha proseguito il capitano Casamassima - Occorre infatti discernere tra lite familiare, ovvero quella tra coniugi che sono in un rapporto di parità e casi di maltrattamento, dove invece c’è una situazione di inferiorità della vittima. Sono dati che devono essere percepiti dall’operatore, che va quindi formato sul tema''.
Secondo i relatori, che hanno proseguito il confronto, ci sono in sostanza gli aspetti positivi della norma così come altre considerazioni sulle quali val la pena riflettere, perchè il ''codice rosso'' possa davvero avere la massima efficacia.
Nel 2019 una riforma del codice penale ha introdotto alcuni strumenti per velocizzare la parte iniziale del percorso giudiziario investigativo al fine di prevenire conseguenze più serie relative soprattutto alle violenze domestiche. I principali sono l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento, ossia di frequentare i luoghi frequentati dalla persona offesa.
Il codice rosso, va ricordato, riguarda reati sessuali, stalking, revenge porne, lesioni personali gravi e maltrattamenti in famiglia. Si tratta di un fenomeno complesso, senza risposte univoche sulle quali si sono interrogati i relatori della mattinata: il dottor Carlo Cecchetti, giudice del tribunale di Como e il capitano Giovanni Casamassima, neo comandante della compagnia Carabinieri di Merate, moderati dal giornalista Paolo Moretti.
La modifica della legge, come ricordato da Cecchetti, è originata nel 2017 a seguito della condanna dell’Italia in sede europea della corte dei diritti dell’uomo. Si trattava di un fatto del 2012 in cui una donna aveva denunciato comportamenti violenti e l’aggressività generale del marito.
''La denuncia risale a ottobre, ma il primo contatto con la Procura che deve farsi carico della notizia di reato avviene ad aprile. In quella occasione, convocata in procura, la donna ridimensiona la gravità dei fatti e dice che negli ultimi mesi le cose erano andate meglio. Il pubblico ministero (PM) ritiene che non ci sia la sussistenza del reato, salvo che per le lesioni. Il giudice per le indagini preliminari (GIP) archivia il caso'' rievoca il giudice. Quando al marito arriva l’accettazione del giudizio, comincia la spirale violenta che si conclude con l’uccisione del figlio e la ferita grave della donna. A seguito di diversi processi, la questione approda alla corte europea dei diritti dell’uomo, che stabilisce che l’Italia non aveva idonei strumenti processuali per intervenire su queste situazioni.
''Dalla condanna in sede europea passano tre anni all’adozione della legge, che fornisce alle istituzioni nuovi strumenti operativi capaci di essere molto rapidi: tutto questo è stato adeguato e come giudice, vi dico che vero - prosegue il giudice Cecchetti - L’aspetto positivo è rispondere in tempi brevi, ma questo si porta dietro un bagaglio di problematiche. Il codice rosso ha introdotto l'allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento, di frequentare i luoghi frequentati dalla persona offesa. Questi sono strumenti efficaci perché hanno introdotto scalini intermedi rispetto alle misure più pesanti di restrizione della libertà e sono misure che tendenzialmente funzionano, anche se nessuno può sapere se si eviterà il reato, perché tutto si basa sull’autodisciplina dell’indagato''.
Il comandante della compagnia Carabinieri di Merate Giovanni Casamassima ha portato la sua esperienza personale. ''Prima di arrivare qui, lavoravo a Tivoli, dove la procura aveva adottato piccoli accorgimenti come la delega generale alla polizia giudiziaria a fare quello che successivamente avrebbe dovuto fare il PM, visto che la vittima, dopo aver già compiuto uno sforzo personale recandosi al comando di polizia per riferire fatti personali, è costretta a ripeterle di nuovo al PM. Questa delega ha messo la vittima nelle condizioni migliori per raccontare una sola volta e una per tutte la vicenda. Da qui discende la volontà delle forze di polizia di essere formate. Tra le domande che poniamo alle vittime, ce ne sono alcune che sono campanelli d’allarme per capire se si tratta davvero di codice rosso: per esempio, sapere se c’era già separazione o era ancora una convivenza con il coniuge. Questo interrogativo è utile a comprendere la gravità del fatto ma anche l’eventuale strumentalizzazione della denuncia per altri fini, legate alla separazione''.
Il comandante ha poi messo in evidenza come si lavori - a tutti i livelli - nella formazione dei militari: inizia sin dagli operatori della centrale che ricevono il primo segnale di disagio. Questi sono formati per raccogliere alcuni dettagli al telefono che possono far scattare le procedura, come l’ascolto di rumori di fondo o sapere se c’è la presenza di armi in casa. A questo punto il compito passa alla pattuglia che interviene sul territorio.
''La formazione è continua ma non ancora sufficiente perché, una volta che il militare interviene sul posto, deve avere la sensibilità di capire cosa è successo - ha proseguito il capitano Casamassima - Occorre infatti discernere tra lite familiare, ovvero quella tra coniugi che sono in un rapporto di parità e casi di maltrattamento, dove invece c’è una situazione di inferiorità della vittima. Sono dati che devono essere percepiti dall’operatore, che va quindi formato sul tema''.
Secondo i relatori, che hanno proseguito il confronto, ci sono in sostanza gli aspetti positivi della norma così come altre considerazioni sulle quali val la pena riflettere, perchè il ''codice rosso'' possa davvero avere la massima efficacia.
M.Mau.