Cassago o Casciago? Beretta interviene sulla disputa relativa al luogo in cui dimorò Agostino

Dove abbia risieduto Sant’Agostino, durante il suo soggiorno nei pressi di Milano, è vicenda che da anni suscita curiosità e interesse.
Sant'Agostino nacque – ricordiamo – a Tageste, un centro che si trovava nell’odierno territorio algerino. Di origine berbera, Agostino intraprese un viaggio in Italia all’inizio del 383 d.c. Un percorso che compì per il fascino che nutriva per il paese e in funzione della sua conversione al cristianesimo.
Da tempo ormai, storici e appassionati di storia si confrontano sul luogo in cui Agostino dimorò – fra il 386 d.c. e il 387 d.c. - in attesa di ricevere il battesimo da Sant’Ambrogio. Due paesi si contendono, ormai da secoli, questo primato: Cassago Brianza e Casciago. E’ la ''vexata quaestio''.
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Luigi Beretta durante il recente evento artistico a Villa Pedroli

Un articolo, apparso nei giorni scorsi sul Corriere della Sera, ha spostato il ''pendolo'' della probabilità verso Casciago, comune del varesotto. Prendendo spunto dal libro curato da Renzo Dionigi ''Agostino e la sua arca a Pavia''. La tesi del soggiorno casciaghese di Sant’Agostino era stata formulata, la prima volta, da Alessandro Manzoni.
Scoprire il reale luogo in cui risiedette il santo non è una semplice ricerca che interessa gli appassionati. Nel soggiorno fuori Milano Agostino scrisse due importanti opere i Dialoghi e i Soliloqui. Comprendere dove siano stati effettivamente composti questi testi, oltre che stabilire la paternità del luogo, significherebbe poter assumere importanti informazioni storiche sui territori. Generando l’attenzione che, da un punto di vista culturale e di ricerca, anche archeologica, questi luoghi meriterebbero.
Alla base della ''vexata quaestio'' vi sono i due termini che identificano quei posti: ''Rus Cassiciacum''. Parole con le quali viene individuato il luogo in cui era edificata la casa di Verecondo che, amico di Agostino, ospitò il santo durante il suo soggiorno.
Secondo Alessandro Manzoni Rus Cassiciacum corrisponderebbe a Casciago. Tesi che l’autore de ''I Promessi Sposi'' sostiene alla luce di due indicazioni, contenute nei testi di Agostino, relative al paesaggio e alla presenza di acqua. Ma, soprattutto, alla luce di alcune considerazioni linguistiche e fonetiche. Secondo Manzoni il termine Cassiciacum nell’arco dei secoli sarebbe divenuto Casciago.
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Alcune immagini della Cittadella Agostiniana

Tesi che Angelo Stella e Pierluigi Cuzzolin hanno ripreso e sviluppato nel libro curato da Dionigi. La loro analisi è andata alla ricerca dei diversi modi con cui il paese di Casciago è stato chiamato nell’arco dei secoli, fra i quali troviamo: Casgiago e Castiago. Una serie di mutamenti che avrebbero visto il termine Cassiciacum divenire anche Cassiciago e, per ultimo, Casciago.
Ragionamento che il professore Luigi Beretta – presidente dell’associazione Sant’Agostino di Cassago Brianza – non si sente di condividere.
''Ho saputo di questa questione a fine settembre, quando è stato pubblicato il libro di Dionigi dove compaiono i contributi di Stella e Cuzzolin'' spiega Beretta. ''Ho avanzato l’obbiezione, a tutti e tre gli autori, di aver ristretto il campo della ricerca alla sola indagine linguistica''.
Un punto, rispetto al quale, Beretta chiarisce fin da subito come si tratti anche di ''un aspetto linguistico piuttosto aleatorio'' in quanto ''sul termine non vi è documentazione linguistica medievale sulla quale fare riferimento''.
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I dubbi del professor Beretta, rispetto alla tesi che vede Casciago quale il Cassiciacum agostiniano, sono diversi. Alcuni sembrano essere molto concreti e vantare basi evidenti. A partire dall’edificio in cui Agostino ha risieduto: la villa dell’amico Verecondo. Fatto dato per certo e citato dallo stesso Santo nei suoi scritti.
''Ho sottoposto all’attenzione degli autori il fatto che, se guardassimo all’aspetto della villa di Verecondo, nella località di Casciago dovrebbero esserci state delle presenze romane. Cosa che non risulta'' ha aggiunto Beretta.
Rovine romane che sono presenti a Cassago Brianza. Dove, dal punto di vista archeologico, ''sono stati rinvenuti reperti che risalgono dapprima dell’età celtica alla piena età romana''. Un dato concreto che sembra essere fra i più validi sostegni – nella “vexata quaestio” - alla tesi che vedrebbe in Cassago Brianza la Rus Cassiciacum agostiniana.
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A sostegno della tesi opposta, Casciago, non sembra poter vantare nulla. Non si hanno notizie del paese antecedenti all’anno 959. ''Invece, a Valle Guidino – aggiunge il presidente Beretta – è anche stata ritrovata, a metà anni Ottanta, una lapide con l’iscrizione “Verecundus”, con chiara fattura pagana, come pagano era Verecondo''.
Non bastasse, un altro fattore a suffragio di Cassago Brianza può essere ritrovato nella distanza da Milano. ''Nei testi di Agostino – illustra Beretta – Alipio parte dalla villa di Verecondo per recarsi a Milano. Sappiamo che è metà novembre e parte nel tardo pomeriggio. Il sole a novembre cade verso le 17.30. Alipio, quindi, aveva a disposizione al massimo due, tre, ore per raggiungere Milano. Secondo gli studi storici che spiegano la mobilità romana dell’epoca, Alipio può, al massimo, aver percorso 30, 40 chilometri prima del buio. Cassago è pienamente compatibile con questa distanza da Milano, Casciago non lo è''. A ciò si aggiunge anche la localizzazione di Rus Cassiciacum nel municipio di Milano. ''Cassago è sempre stato legato a Milano, come anche Casatenovo, pensiamo ai rinvenimenti archeologici con le iscrizioni che lo confermano'' ricorda Beretta. ''Casciago, più probabilmente, era legato a Como''.
Infine, la vicenda della presenza delle acque, riportata nei testi di Agostino. Già evidenziata da Manzoni, il quale sottolineò l’assenza di acqua a Cassago. Mentre Casciago può vantare un torrente. ''Suggerisco di leggere bene il testo di Agostino'' spiega Beretta ricordando come il corso d’acqua descritto dal santo sia ''di modesta entità'' probabilmente ''lo scarico delle acque della villa di Verecondo''.
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A riporre in modo definitivo la tesi manzoniana che vedrebbe in Casciago il Rus Cassiciacum che ospitò Sant’Agostino potrebbe essere stato lo stesso Manzoni, al termine di un confronto con le tesi di monsignor Luigi Biraghi. ''Manzoni si è ricreduto su quello che aveva sostenuto'' ricorda Beretta. ''Lo ha comunicato al parroco di Cassago di allora, don Ambrogio Clerici''. A testimonianza di ciò vi sarebbe una lettera inviata dallo stesso Clerici a monsignor Biraghi.
La ''vexata quaestio'', di manzoniana memoria - per il professor Beretta - è ormai da consegnare alla storia. ''Dispiace che in una pubblicazione scientifica come questa, si sia preferito propendere per temi e argomentazioni esclusivamente linguistiche'' ha concluso il presidente dell’associazione Sant’Agostino rimarcando: ''non possiamo dire che un luogo è proponibile come Rus Cassiciacum solo perché linguisticamente assomiglia''.
L.A.
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