Cassago o Casciago? Redaelli replica all'opinione di Beretta sulla presenza di Sant'Agostino

Rus Cassiciacum, Cassago o Casciago.  Sulla ''vexata quaestio'' di manzoniana memoria che vorrebbe dirimere la presenza di Sant’Agostino, o meno, a Cassago, Davide Redaelli – storico e ricercatore universitario, nonchè impegnato nell'associazionismo in paese – ha un punto di vista differente rispetto a quello espresso da Luigi Beretta, presidente dell’associazione Sant’Agostino.
''Nella realtà, non esiste nessuna soluzione effettiva a questo dilemma'' spiega Redaelli riferendosi a una pagina di storia che sarebbe avvenuta fra il 386 e il 387 d.C., prima che Sant’Agostino si recasse a Milano per ricevere il battesimo da Sant’Ambrogio.
Dopo aver ottenuto la laurea magistrale in scienze storiche all'Università di Milano e il dottorato presso l'ateneo di Trieste, oggi Redaelli è ricercatore universitario a Udine. Il suo ambito di studio e ricerca è proprio la storia romana che  nel corso della sua carriera ha avuto modo di approfondire.
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Davide Redaelli, nell'immagine impegnato come guida al Mausoleo Visconti

''Il punto di partenza è che non c'è certezza rispetto alla presenza di Sant’Agostino a Cassago. E' vero – spiega il ricercatore, relativamente all’articolo apparso sul Corriere della Sera – che è stata fatta un’analisi prettamente linguistica del nome del luogo [Rus Cassiciacum]. Ci sono dei però da non perdere di vista''.
A partire dalle rovine romane che sarebbero presenti a Cassago e non vi sarebbero, invece, a Casciago. Casciago è il paese situato in provincia di Varese rispetto al quale l’analisi linguistica di Angelo Stella e Pierluigi Cuzzolin, ripresa dal Corriere della Sera e sviluppata partendo dal termine ''Rus Cassiciacum'' usato dallo stesso Sant’Agostino nei suoi scritti per identificare il luogo della sua residenza, assegna la presenza di Sant’Agostino risolvendo la ''vexata quaestio''.
''La lastra con l’iscrizione Verecundus non è stata ritrovata a Cassago ma a Besana Brianza. È dedicata a Giove Ottimo Massimo, è pagana, e andrebbe datata più al terzo secolo che al quarto. Proprio per la sua iscrizione pagana. Queste dediche a Giove molto difficilmente sono posteriori all’anno 350 d.C. perché, dopo quest’anno, vi era già la persecuzione dei pagani'' ha puntualizzato. 
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Non solo. ''Verecundus – aggiunge Redaelli - è un cognome. I romani si chiamavano con tre nomi e Verecundus è un cognome che apparteneva a tantissime persone, non necessariamente al Verecondo del Rus Cassiciacum''.
A questo punto non è possibile a detta del ricercatore, tracciare un collegamento diretto e lineare fra il manufatto rinvenuto a Besana e la presenza nel territorio cassaghese di Verecondo, l’amico di Agostino che ha ospitato il santo nella sua villa a ''Rus Cassiciacum''. ''Non è un dato che può essere a mio avviso utilizzato'' conferma il ricercatore di storia.
Persino la presenza di altri resti romani a Cassago sarebbe – secondo Redaelli – tutta da rivedere e analizzare alla luce di una visione storica effettiva, non condizionata.
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''A Cassago – spiega – è stata ritrovata un’iscrizione romana all’interno della chiesa di San Giacomo. È fenomeno noto che, data la mancanza di materiale lapideo, queste lastre venivano trasportate da altri luoghi diversi. Non è assolutamente detto che sia stata realizzata, in origine, a Cassago''.
Anche la presenza di rovine romane nel parco che è stato chiamato ''Rus Cassiciacum'' sarebbe discutibile a detta del ricercatore. ''All’interno del parco è presente, forse, una lapide e un’iscrizione di età romana. Nulla può essere identificato come i resti della villa di Verecondo. I resti sono della villa dei visconti di Modrone, in particolare, dell’ingresso e delle stalle. Quella che viene identificata come ''fontana di Sant’Agostino'' è un manufatto, in realtà, costruito dai cassaghesi negli anni Sessanta. Hanno partecipato, con le loro mani, alla costruzione, quindi non può essere d’epoca romana''. 
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Ulteriori due elementi dovrebbero essere presi in considerazione a detta di Davide Redaelli. A partire dal culto e dalla devozione verso Sant’Agostino. A Cassago sarebbe iniziata solo nel 1600, all’epoca della peste. ''Viene da chiedersi, come mai, dal 386 d.C. al 1600 la presenza di Sant’Agostino non sia stata oggetto di culto'' spiega Redaelli sottolineando come questo fattore ''non depone a favore di Cassago''. 
Infine, la questione dell’analisi linguistica realizzata da Angelo Stella e Pierluigi Cuzzolin nel volume "Agostino e la sua Arca a Pavia" di recente pubblicazione, curato da Renzo Dionigi.
''Da un punto di vista storico non ci sono elementi per sostenere che il Rus Cassciacum di Sant’Agostino si sia trovato a Cassago o a Casciago. Da un punto di vista linguistico, l’analisi depone più a favore di Casciago'' conferma Redaelli. ''Manzoni non ha mai affrontato la questione dal punto di vista della ricerca storica scientifica dei tempi moderni. Oggi la conoscenza è progredita e anche lui, probabilmente, con in mano elementi diversi avrebbe magari avuto teorie diverse''.
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La ''vexata quaestio'' appare quindi, irrisolvibile. Forse, dopo l'analisi di Stella e Cuzzolin, sembra deporre oggi meno a favore di Cassago e più a favore di Casciago, tenendo conto che quest'ultimo nei documenti e negli atti risalenti ad alcuni secoli fa, veniva identificato con il nome di Cassiciago. Termine dalla somiglianza estrema con l’agostiniano ''Rus Cassiciacum''.
Esistono, tuttavia, elementi che potrebbero risultare utili a dipanare qualche dubbio. Si tratta delle lettere inviate a Monsignor Luigi Biraghi nell’Ottocento. ''Sono custodite dall’associazione Sant’Agostino e non ho mai avuto l’occasione di consultarle'' ricorda Redaelli.
Insomma, tesi e visioni contrapposte sul tema. Per Luigi Beretta sono diversi gli elementi che depongono a favore di Cassago in questa disputa, tanto che il presidente del sodalizio attivo da anni proprio nella valorizzazione della figura del santo, ritiene che l'indagine di Stella, Cuzzolin e Dionigi abbia ristretto il campo della ricerca alla sola indagine linguistica.
L.A.
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