Oggiono, Bachelet: Giordana Bonacina racconta il bullismo
“Bulli di sapone”, proprio come il primo testo da lei scritto insieme ai suoi alunni, è il titolo dell’incontro con Giordana Bonacina. Davanti alla platea degli studenti del biennio dell’istituto Vittorio Bachelet di Oggiono, la maestra ha raccontato il bullismo che ha subito in età pre adolscenziale e la sua rinascita, avvenuta dopo un episodio culmine.
L’invito a parlare agli allievi si colloca in occasione del 7 febbraio, riconosciuta come la giornata nazionale contro il bullismo e cyberbullismo. “Parliamo con Giordana perché la sua esperienza è una forte testimonianza di come si possa ritrovare un proprio percorso di crescita, rileggendo i sintomi di malessere del bullo in modo positivo e soprattutto formativo per affrontare le situazioni di fatica e difficoltà”. Gli episodi di bullismo hanno una maggiore incidenza tra 11 e 13 anni, ma si verificano anche negli anni successivi.
“Sono qui per raccontarvi qualcosa che mi fa ancora male raccontare - ha esordito l’ospite - Ritengo però che sia importante darvi un messaggio sulla violenza, su quanto una parola o un gesto sbagliato possano far soffrire e distruggere una persona. Sono qui a parlarvi anche per il futuro: le parole e i gesti fanno male a qualsiasi età. Vi invito a mettervi sempre nei panni degli altri e a chiedervi: e se fossi io al suo posto?”. Con quest’interrogativo l’insegnante ha commentato alcuni dati che manifestano la percezione dei giovani tra 13 e 23 anni. Il 42% ha dichiarato di aver subito violenza psicologica 42% e il 61% episodi di bullismo e cyberbullismo. Il 41% degli intervistati, alla domanda su cosa ti fa sentire solo, ha risposto “non mi sento amato” e all’interrogativo sul fatto se ci sia mai sentiti soli, nel 2020 il 93% dei giovani ha risposto in maniera affermativa.
Ha poi raccontato il suo vissuto: “Tutto è successo per caso. Probabilmente questi ragazzi mi stavano osservando da un po’ di tempo e si erano accorti che ero una bambina particolarmente sola. Mi hanno fatta spaventare una volta, io sono scappata urlando e questa cosa li ha divertiti. Ho avuto paura e al momento è finito tutto. Invece, dopo quell’episodio, è cominciato quasi quotidianamente uno stillicidio: quando mi incontravano, si divertivano a spaventarmi. Quando è iniziato a diventare una cosa regolare e io non reagivo e nemmeno i genitori arrivavano, hanno rincarato la dose perché risultavo divertente. Hanno cominciato a chiamarmi “campionessa”: all’epoca facevo atletica e hanno cominciato a chiedermi di correre. La prima volta in cui è successo non sono riuscita a ribellarmi e ho corso. Da lì è cominciato l’inferno: mi facevano correre fino allo sfinimento nella piazza del paese, fino a quando mi dovevo fermare per vomitare e loro lì a ridere, a lasciarmi a terra, come uno straccio, forti delle minacce e della cattiveria che mi rovesciavano addosso. Per farmi tacere, mi dissero che avrebbero detto a mio padre che io me l’intendevo con loro che erano 8 ragazzi di 16 anni. Se tu continui a giocare con noi, noi non diciamo niente, erano le loro parole”.
La corsa fino allo sfinimento aveva perso appeal per questi ragazzi, che hanno chiesto a Giordana prove ancora più umilianti, esponendola al ludibrio. “Sono stata obbligata a fare il cane in mezzo alla piazza, a fare versi di animali, a cantare a comando con attorno la gente che vedeva ma io ero invisibile”. Questi episodi sono raccontati nel suo libro “La bambina invisibile”, a cui ha fatto seguito “La scelta di vivere”, in cui si racconta il percorso successivo, il riscatto personale e la scelta di dedicare la propria vita ai bambini e di battersi, di raccontare e diffondere il suo messaggio affinché tanta cattiveria non possa ferire altre persone.
“Non ho avuto il coraggio di raccontare tutto quello che ho subito nel primo testo - ha ammesso - L’ho raccontato ora perché mi hanno aiutato i due libri scritti con i bambini a scuola (il primo è “Bulli di sapone” e l’altro “Welcome to the jungle” che parla del conflitto con i genitori nella pre adolescenza, ndr) e perchè avevo due genitori molto anziani che non hanno saputo tutto. Sono figlia di genitori che mi hanno avuta tardi e sono stata per loro un dono: non potevo raccontare tutto, soprattutto quando erano fragili. Mi sono sentita libera quando loro sono mancati”.
Le angherie dei suoi aguzzini sono durate un anno e mezzo, dai 10 agli 11 anni e mezzo e Giordana era ormai allo stremo delle forze: aveva smesso di mangiare e di dormire. I genitori si erano accorti di qualcosa, ma lei continuava a nascondersi, a tacere, a sentirsi sbagliata, in colpa, in torto. “Sono arrivata a toccare il baratro a fine novembre 1981 data in cui è avvenuto l’episodio più basso, quando mi hanno gettata nel lago. Avevo l’abitudine di guardare il lago e scrivere poesie: quel giorno ero talmente persa nei miei pensieri che non mi sono accorta che stava arrivando un gregario del gruppo - ha proseguito - É venuto alle mie spalle e mi ha assestato uno spintone, buttandomi nell’acqua gelida, vestita, con il cappotto. All’inizio ho cercato di rialzarmi e poi mi sono detta “che schifo di vita è questa”: ho spento il cervello e ho tentato di uccidermi, continuando il mio percorso nell’acqua. I vestiti diventavano sempre più pesanti e io pensavo di andare a dormire in fondo al lago. Il miracolo è stato ritrovare la lucidità pensando alla mia mamma: l’ho vista davanti a me, che piangeva. Non avrei mai potuto darle un dolore del genere. Ho ritirato fuori la testa dall’acqua e quel gio
Giordana ha vissuto poi un’adolescenza ribelle, provando tantissime esperienze, anche le più negative fino a quando ha trovato la sua strada, decidendo di diventare insegnante, dopo aver incontrato sul percorso 3 professori che l’avevano aiutata. “Ho votato la mia vita ai ragazzi: da vittima non voglio ci sia nessuno che possa vivere quello che ho sofferto io”. Giordana, fuori dalla scuola, è insegnante di fitness e di danza, con all’attivo oltre 10.000 allievi a cui “ho cercato di donare benessere, divertimento e svago”. É anche membro della protezione civile: “Per me è un grande orgoglio vestire questa divisa: mi sono impegnata per proteggere quanto più posso. La mia vita l’ho avuta due volte: la prima parte l’ho usata così, ma della seconda sono orgogliosa”.
É seguito poi un dialogo con il pubblico, composto da studenti, insegnanti e genitori dei ragazzi, ai quali è stato aperto l’incontro.
“Credo che l’autenticità della tua espressione è andata al cuore di tutti noi e alla testa - è stato il commento della dirigente scolastica - L’invito alle insegnanti è di essere sempre molto attenti a quelli che sono dei non segnali che i ragazzi a volte ci danno non solo con parole, ma soprattutto con i comportamenti. In classe siamo in tanti, ma ci sono tanti invisibili seduti tra i banchi: è soprattutto su questi ragazzi che deve concentrarsi la nostra attenzione a scuola. Ai ragazzi, l’invito è di non rendersi invisibili: parlate con qualcuno, quando avete qualche tipo di problema e c’è sempre chi sarà disposto ad ascoltarvi”.
Giordana Bonacina è una donna che ha scelto la vita e si impegna, con queste testimonianze, a fare in modo che i ragazzi possano apprezzarsi per quello che sono, ciascuno nella propria individualità e a credere nella loro storia.
L’invito a parlare agli allievi si colloca in occasione del 7 febbraio, riconosciuta come la giornata nazionale contro il bullismo e cyberbullismo. “Parliamo con Giordana perché la sua esperienza è una forte testimonianza di come si possa ritrovare un proprio percorso di crescita, rileggendo i sintomi di malessere del bullo in modo positivo e soprattutto formativo per affrontare le situazioni di fatica e difficoltà”. Gli episodi di bullismo hanno una maggiore incidenza tra 11 e 13 anni, ma si verificano anche negli anni successivi.
“Sono qui per raccontarvi qualcosa che mi fa ancora male raccontare - ha esordito l’ospite - Ritengo però che sia importante darvi un messaggio sulla violenza, su quanto una parola o un gesto sbagliato possano far soffrire e distruggere una persona. Sono qui a parlarvi anche per il futuro: le parole e i gesti fanno male a qualsiasi età. Vi invito a mettervi sempre nei panni degli altri e a chiedervi: e se fossi io al suo posto?”. Con quest’interrogativo l’insegnante ha commentato alcuni dati che manifestano la percezione dei giovani tra 13 e 23 anni. Il 42% ha dichiarato di aver subito violenza psicologica 42% e il 61% episodi di bullismo e cyberbullismo. Il 41% degli intervistati, alla domanda su cosa ti fa sentire solo, ha risposto “non mi sento amato” e all’interrogativo sul fatto se ci sia mai sentiti soli, nel 2020 il 93% dei giovani ha risposto in maniera affermativa.
Ha poi raccontato il suo vissuto: “Tutto è successo per caso. Probabilmente questi ragazzi mi stavano osservando da un po’ di tempo e si erano accorti che ero una bambina particolarmente sola. Mi hanno fatta spaventare una volta, io sono scappata urlando e questa cosa li ha divertiti. Ho avuto paura e al momento è finito tutto. Invece, dopo quell’episodio, è cominciato quasi quotidianamente uno stillicidio: quando mi incontravano, si divertivano a spaventarmi. Quando è iniziato a diventare una cosa regolare e io non reagivo e nemmeno i genitori arrivavano, hanno rincarato la dose perché risultavo divertente. Hanno cominciato a chiamarmi “campionessa”: all’epoca facevo atletica e hanno cominciato a chiedermi di correre. La prima volta in cui è successo non sono riuscita a ribellarmi e ho corso. Da lì è cominciato l’inferno: mi facevano correre fino allo sfinimento nella piazza del paese, fino a quando mi dovevo fermare per vomitare e loro lì a ridere, a lasciarmi a terra, come uno straccio, forti delle minacce e della cattiveria che mi rovesciavano addosso. Per farmi tacere, mi dissero che avrebbero detto a mio padre che io me l’intendevo con loro che erano 8 ragazzi di 16 anni. Se tu continui a giocare con noi, noi non diciamo niente, erano le loro parole”.
La corsa fino allo sfinimento aveva perso appeal per questi ragazzi, che hanno chiesto a Giordana prove ancora più umilianti, esponendola al ludibrio. “Sono stata obbligata a fare il cane in mezzo alla piazza, a fare versi di animali, a cantare a comando con attorno la gente che vedeva ma io ero invisibile”. Questi episodi sono raccontati nel suo libro “La bambina invisibile”, a cui ha fatto seguito “La scelta di vivere”, in cui si racconta il percorso successivo, il riscatto personale e la scelta di dedicare la propria vita ai bambini e di battersi, di raccontare e diffondere il suo messaggio affinché tanta cattiveria non possa ferire altre persone.
“Non ho avuto il coraggio di raccontare tutto quello che ho subito nel primo testo - ha ammesso - L’ho raccontato ora perché mi hanno aiutato i due libri scritti con i bambini a scuola (il primo è “Bulli di sapone” e l’altro “Welcome to the jungle” che parla del conflitto con i genitori nella pre adolescenza, ndr) e perchè avevo due genitori molto anziani che non hanno saputo tutto. Sono figlia di genitori che mi hanno avuta tardi e sono stata per loro un dono: non potevo raccontare tutto, soprattutto quando erano fragili. Mi sono sentita libera quando loro sono mancati”.
Le angherie dei suoi aguzzini sono durate un anno e mezzo, dai 10 agli 11 anni e mezzo e Giordana era ormai allo stremo delle forze: aveva smesso di mangiare e di dormire. I genitori si erano accorti di qualcosa, ma lei continuava a nascondersi, a tacere, a sentirsi sbagliata, in colpa, in torto. “Sono arrivata a toccare il baratro a fine novembre 1981 data in cui è avvenuto l’episodio più basso, quando mi hanno gettata nel lago. Avevo l’abitudine di guardare il lago e scrivere poesie: quel giorno ero talmente persa nei miei pensieri che non mi sono accorta che stava arrivando un gregario del gruppo - ha proseguito - É venuto alle mie spalle e mi ha assestato uno spintone, buttandomi nell’acqua gelida, vestita, con il cappotto. All’inizio ho cercato di rialzarmi e poi mi sono detta “che schifo di vita è questa”: ho spento il cervello e ho tentato di uccidermi, continuando il mio percorso nell’acqua. I vestiti diventavano sempre più pesanti e io pensavo di andare a dormire in fondo al lago. Il miracolo è stato ritrovare la lucidità pensando alla mia mamma: l’ho vista davanti a me, che piangeva. Non avrei mai potuto darle un dolore del genere. Ho ritirato fuori la testa dall’acqua e quel gio
Giordana ha vissuto poi un’adolescenza ribelle, provando tantissime esperienze, anche le più negative fino a quando ha trovato la sua strada, decidendo di diventare insegnante, dopo aver incontrato sul percorso 3 professori che l’avevano aiutata. “Ho votato la mia vita ai ragazzi: da vittima non voglio ci sia nessuno che possa vivere quello che ho sofferto io”. Giordana, fuori dalla scuola, è insegnante di fitness e di danza, con all’attivo oltre 10.000 allievi a cui “ho cercato di donare benessere, divertimento e svago”. É anche membro della protezione civile: “Per me è un grande orgoglio vestire questa divisa: mi sono impegnata per proteggere quanto più posso. La mia vita l’ho avuta due volte: la prima parte l’ho usata così, ma della seconda sono orgogliosa”.
É seguito poi un dialogo con il pubblico, composto da studenti, insegnanti e genitori dei ragazzi, ai quali è stato aperto l’incontro.
“Credo che l’autenticità della tua espressione è andata al cuore di tutti noi e alla testa - è stato il commento della dirigente scolastica - L’invito alle insegnanti è di essere sempre molto attenti a quelli che sono dei non segnali che i ragazzi a volte ci danno non solo con parole, ma soprattutto con i comportamenti. In classe siamo in tanti, ma ci sono tanti invisibili seduti tra i banchi: è soprattutto su questi ragazzi che deve concentrarsi la nostra attenzione a scuola. Ai ragazzi, l’invito è di non rendersi invisibili: parlate con qualcuno, quando avete qualche tipo di problema e c’è sempre chi sarà disposto ad ascoltarvi”.
Giordana Bonacina è una donna che ha scelto la vita e si impegna, con queste testimonianze, a fare in modo che i ragazzi possano apprezzarsi per quello che sono, ciascuno nella propria individualità e a credere nella loro storia.
M.Mau.