Sirone: il Festival di Sanremo raccontato da Luca Ammirati
Walter Vacchino aveva sei anni quando suo padre Aristide ha posato il primo mattone del teatro Ariston a Sanremo, che oggi è un mito nazionale ospitando il Festival della canzone italiana.
Nella piovosa e fredda serata di lunedì 22 aprile, nella sala civica del comune di Sirone si è alzato il sipario sulla ''scatola magica'', come è definito il luogo dello spettacolo più famoso d’Italia.
Come ha sottolineato la consigliera con delega alla cultura Irma Rottoli, l’incontro si inserisce all’interno di IterFestival, la rassegna promossa dal Consorzio Brianteo Villa Greppi in collaborazione con la biblioteca di Sirone. ''Quest’anno cambiamo completamente tema. Siamo contenti di avervi qui e avere la possibilità di presentazione direttamente dall’autore che ci racconta la storia di questo teatro''.
Lucia Urbano ha portato i saluti dell’ente che presiede, il Consorzio Villa Greppi: ''Gli eventi sono diversi ed è questo il bello della rassegna, per soddisfare tutti i gusti''.
''Parliamo del teatro Ariston e della sua storia che dagli anni ‘60 ha legato il suo nome al festival di Sanremo – ha detto la moderatrice Amanda Colombo - Le parole di Walter Vacchino sono state elaborate dalla penna di Luca Ammirati, che è romanziere e responsabile della sala stampa del teatro. Questo testo è il racconto di una famiglia e di un’impresa''.
É la storia nata nel Dopoguerra su intuizione di Aristide Vacchino che, per primo, capisce come l’Italia che esce dalla Seconda Guerra Mondiale aveva bisogno di un sogno.
La famiglia Vacchino introduce il cinema a Sanremo, che è il primo cinematografo aperto in Italia. Carlo Vacchino muore dopo la Prima guerra mondiale, lasciando tutto ad Aristide che ha 11 anni e la vulcanica intuizione del giovane che ha lo sguardo verso il futuro. La sua idea è di edificare un palazzo di 18 piani all’interno del quale ospitare il palazzo del cinema per fare concorrenza al festival di Cannes. Il progetto non trova concretezza e verrà costruito un teatro con 2.000 posti: sarà inaugurato il 31 maggio 1963. È l’inizio di un’epopea straordinaria.
''Ariston non è solo teatro – ha detto l’autore del testo Luca Ammirati - Nel 1968 si è tenuto il primo collegamento televisivo in diretta tra Italia e Stati Uniti con un incontro di pugilato, in occasione dei mondiali di box, ma sono state fatte anche sfilate ed è stato consacrato come chiesa per una settimana liturgica. All’Ariston, come dicono i proprietari, può essere fatto di tutto purché sia fatto con poesia. La caratteristica è la polifunzionalità''.
Walter Vacchino, che oggi gestisce il teatro insieme alla sorella Carla, ha portato avanti gli acquisti del patrimonio immobiliare nelle vicinanze per mettere a disposizione sempre più spazi. Piccola curiosità: negli anni Sessanta è stato il primo centro commerciale che al piano terra aveva i magazzini Standa.
L’Ariston viene usato come teatro e per ospitare la rassegna della canzone d’autore dedicata a Tenco, che ha avuto illustri concorrenti come Guccini, Roberto Vecchioni, Vasco Rossi, Ligabue.
Tuttavia, inevitabilmente, parlando di Ariston, la nostra mente evoca il Festival della Canzone italiana che ha la sua base nel piccolo teatro di Sanremo, quinto centro di produzione Rai in Italia. Per la realizzazione di questa importante kermesse, il teatro chiude a dicembre: si comincia con l’allestimento della scenografia, per la quale vengono rimosse 12-15 file di posti a sedere. Dai 2.000 posti, durante il Festival nazionale, il teatro può ospitare circa 1.300 persone.
''Il Festival della canzone italiana incomincia al Casinò ed è stato difficile portarla al teatro Ariston'' ha proseguito Ammirati. ''Nasce per due esigenze: cercare di nobilitare con la cultura gli introiti delle sale da gioco e l’altro è quello di riempire il casinò nelle serate più fiacche. Poi i dischi hanno successo e ci sono grandi ospiti. Nella prima fase, le canzoni contribuiscono all’alfabetizzazione del paese. Il Festival comincia nel 1951 ed è tramesso in radio dal Casinò: tutti quelli in bianco e nero si sono tenuti lì. La canzone italiana si afferma subito, velocissima''.
L’anno del cambiamento è il 1977: la sala del Casinò, poco tempo prima dell’avvio Festival, viene dichiarata inagibile. ''Serve trovare una sede in cui presentare un’edizione per evitare che saltasse. Il festival che arriva all’Ariston è in cattiva salute con un’edizione che oggi definiremmo un po’ casereccia, però è il primo festival a colori. Vincono gli Homo Sapiens: l’ultima serata viene tagliata da Rai prima di dichiarare il vincitore da parte di Mike Buongiorno. Si intuiscono però le potenzialità del teatro''.
Da qui comincia una storia di grandi nomi, artisti e personaggi dello spettacolo che ogni anno affollano il Festival. Luca Ammirati ha raccontato qualche retroscena e alcune curiosità sugli ospiti che negli anni si sono succeduti. ''È bello vedere il lato umano dei grandi artisti e personaggi e anche le loro paure''. Il libro racconta le edizioni fino al 2023, a un passo prima del penultimo festival di Amadeus, che ha segnato un record in termini di share difficilmente raggiungibile.
Il Festival della canzone italiana è un ''circo mediatico continuo'' che continua a generare rumore attorno a sé. Walter e la sorella Carla Vacchino sono la quarta generazione di gestori e la storia è destinata a proseguire con i figli e i rispettivi nipoti.
La musica italiana è in buona salute e il palco più luminoso d’Italia, con i suoi messaggi che vanno oltre le canzoni, è anche un termometro sociale importantissimo per il nostro paese e Luca Ammirati, raccogliendo le parole di Walter Vacchino, ne offre testimonianza.
Nella piovosa e fredda serata di lunedì 22 aprile, nella sala civica del comune di Sirone si è alzato il sipario sulla ''scatola magica'', come è definito il luogo dello spettacolo più famoso d’Italia.
Come ha sottolineato la consigliera con delega alla cultura Irma Rottoli, l’incontro si inserisce all’interno di IterFestival, la rassegna promossa dal Consorzio Brianteo Villa Greppi in collaborazione con la biblioteca di Sirone. ''Quest’anno cambiamo completamente tema. Siamo contenti di avervi qui e avere la possibilità di presentazione direttamente dall’autore che ci racconta la storia di questo teatro''.
Lucia Urbano ha portato i saluti dell’ente che presiede, il Consorzio Villa Greppi: ''Gli eventi sono diversi ed è questo il bello della rassegna, per soddisfare tutti i gusti''.
''Parliamo del teatro Ariston e della sua storia che dagli anni ‘60 ha legato il suo nome al festival di Sanremo – ha detto la moderatrice Amanda Colombo - Le parole di Walter Vacchino sono state elaborate dalla penna di Luca Ammirati, che è romanziere e responsabile della sala stampa del teatro. Questo testo è il racconto di una famiglia e di un’impresa''.
É la storia nata nel Dopoguerra su intuizione di Aristide Vacchino che, per primo, capisce come l’Italia che esce dalla Seconda Guerra Mondiale aveva bisogno di un sogno.
La famiglia Vacchino introduce il cinema a Sanremo, che è il primo cinematografo aperto in Italia. Carlo Vacchino muore dopo la Prima guerra mondiale, lasciando tutto ad Aristide che ha 11 anni e la vulcanica intuizione del giovane che ha lo sguardo verso il futuro. La sua idea è di edificare un palazzo di 18 piani all’interno del quale ospitare il palazzo del cinema per fare concorrenza al festival di Cannes. Il progetto non trova concretezza e verrà costruito un teatro con 2.000 posti: sarà inaugurato il 31 maggio 1963. È l’inizio di un’epopea straordinaria.
''Ariston non è solo teatro – ha detto l’autore del testo Luca Ammirati - Nel 1968 si è tenuto il primo collegamento televisivo in diretta tra Italia e Stati Uniti con un incontro di pugilato, in occasione dei mondiali di box, ma sono state fatte anche sfilate ed è stato consacrato come chiesa per una settimana liturgica. All’Ariston, come dicono i proprietari, può essere fatto di tutto purché sia fatto con poesia. La caratteristica è la polifunzionalità''.
Walter Vacchino, che oggi gestisce il teatro insieme alla sorella Carla, ha portato avanti gli acquisti del patrimonio immobiliare nelle vicinanze per mettere a disposizione sempre più spazi. Piccola curiosità: negli anni Sessanta è stato il primo centro commerciale che al piano terra aveva i magazzini Standa.
L’Ariston viene usato come teatro e per ospitare la rassegna della canzone d’autore dedicata a Tenco, che ha avuto illustri concorrenti come Guccini, Roberto Vecchioni, Vasco Rossi, Ligabue.
Tuttavia, inevitabilmente, parlando di Ariston, la nostra mente evoca il Festival della Canzone italiana che ha la sua base nel piccolo teatro di Sanremo, quinto centro di produzione Rai in Italia. Per la realizzazione di questa importante kermesse, il teatro chiude a dicembre: si comincia con l’allestimento della scenografia, per la quale vengono rimosse 12-15 file di posti a sedere. Dai 2.000 posti, durante il Festival nazionale, il teatro può ospitare circa 1.300 persone.
''Il Festival della canzone italiana incomincia al Casinò ed è stato difficile portarla al teatro Ariston'' ha proseguito Ammirati. ''Nasce per due esigenze: cercare di nobilitare con la cultura gli introiti delle sale da gioco e l’altro è quello di riempire il casinò nelle serate più fiacche. Poi i dischi hanno successo e ci sono grandi ospiti. Nella prima fase, le canzoni contribuiscono all’alfabetizzazione del paese. Il Festival comincia nel 1951 ed è tramesso in radio dal Casinò: tutti quelli in bianco e nero si sono tenuti lì. La canzone italiana si afferma subito, velocissima''.
L’anno del cambiamento è il 1977: la sala del Casinò, poco tempo prima dell’avvio Festival, viene dichiarata inagibile. ''Serve trovare una sede in cui presentare un’edizione per evitare che saltasse. Il festival che arriva all’Ariston è in cattiva salute con un’edizione che oggi definiremmo un po’ casereccia, però è il primo festival a colori. Vincono gli Homo Sapiens: l’ultima serata viene tagliata da Rai prima di dichiarare il vincitore da parte di Mike Buongiorno. Si intuiscono però le potenzialità del teatro''.
Da qui comincia una storia di grandi nomi, artisti e personaggi dello spettacolo che ogni anno affollano il Festival. Luca Ammirati ha raccontato qualche retroscena e alcune curiosità sugli ospiti che negli anni si sono succeduti. ''È bello vedere il lato umano dei grandi artisti e personaggi e anche le loro paure''. Il libro racconta le edizioni fino al 2023, a un passo prima del penultimo festival di Amadeus, che ha segnato un record in termini di share difficilmente raggiungibile.
Il Festival della canzone italiana è un ''circo mediatico continuo'' che continua a generare rumore attorno a sé. Walter e la sorella Carla Vacchino sono la quarta generazione di gestori e la storia è destinata a proseguire con i figli e i rispettivi nipoti.
La musica italiana è in buona salute e il palco più luminoso d’Italia, con i suoi messaggi che vanno oltre le canzoni, è anche un termometro sociale importantissimo per il nostro paese e Luca Ammirati, raccogliendo le parole di Walter Vacchino, ne offre testimonianza.
M.Mau.