Imberido: nella festa di San Giorgio don Marco ricorda con i fedeli il 25° di sacerdozio
Trepidante attesa per il ritorno di don Marco Crippa a Oggiono, in occasione della festa patronale di San Giorgio a Imberido. L’attuale parroco di Monticello e Torrevilla ha infatti concelebrato la messa di martedì 23 aprile, giorno della ricorrenza vera e propria. L'occasione ha offerto al religioso originario di Barzanò lo spunto per ricordare insieme ai fedeli non solo la sua decennale esperienza presso la comunità pastorale oggionese, ma anche i suoi 25 anni di ordinazione sacerdotale.
''Nelle occasioni in cui si ricordano i santi patroni, come quest’oggi - ha esordito il parroco don Maurizio Mottadelli - è bello fare festa con i sacerdoti. Come si è ricordato anche ieri nel corso del consiglio pastorale, questo aspetto è importante perché condividere questi momenti con la comunità significa che ognuno è al servizio di tutti, con i propri carismi e ministeri. Per questa ragione celebrare questa festa con don Marco vuol dire riconoscere che riconoscere come abbiamo camminato con lui per dieci anni, grazie anche ai doni del Signore, pastore che guida''.
Questa breve presentazione ha dato avvio alla cerimonia solenne di martedì sera, a cui hanno preso parte anche il sindaco di Oggiono, Chiara Narciso e il vicesindaco, Michele Negri. L’atmosfera è poi stata scaldata dalle parole di riflessione pronunciate da don Marco nel corso dell'omelia, una volta terminata la lettura del Vangelo.
''Penso che conosciamo tutti la storia di San Giorgio'' ha esordito il sacerdote. ''Non manca il cavaliere, il drago, la principessa da salvare: una storia affascinante entrata nei cuori dei fedeli di allora e anche noi rimaniamo colpiti perché sostiene il nostro desiderio, come quello di ogni uomo, di vedere il male sconfitto. In quella eterna lotta contro il male si pensa di poter salvare se stessi e le persone che si amano e, a volte, non si vede il cavaliere, inviato da Dio. Nel Vangelo però, le cose non accadono in questo modo: non è così che Dio agisce e non è questo il desiderio che intende infondere nel cuore dell’uomo. Inoltre, si scopre che i discepoli non hanno nulla a che vedere con il cavaliere coraggioso. Al contrario sono presi dalla tentazione di scappare di fronte al pericolo''.
Attraverso questo pensiero don Marco ha ricordato il miracolo dei pani e dei pesci, con cui si apre il capitolo sei. ''Con questo racconto - ha proseguito - si vuole sottolineare come il Signore non sia insensibile ai poveri, agli affamati e alle necessità della nostra vita, comprese paure e insicurezze, ma decide di ricorrere in questo modo, con pani e pesci. Ci sembra di essere di fronte all’inizio della storia d’amore tra Gesù e i discepoli e Gesù e la folla affascinata. Ma, come in ogni inizio, tutto sembra funzionare alla perfezione, fino a quando il tempo fa emergere le prime incomprensioni, i primi dubbi, che spingono a cambiare. Questa storia quindi, comincia a vacillare e Giovanni si impegna nel raccogliere le parole di Gesù nel difendersi dalle persone che lo accusano''.
Da questo esempio, si comprende come le relazioni possano diventare impegnative, aprendo due strade: ''riconoscere la durezza di queste parole, come i discepoli, che hanno avuto la forza di uscire dalla superficialità e vedere la relazione crescere. Lasciarsi plasmare da parole che mettono in discussione permette di far vivere, perché feriscono ma, allo stesso tempo guariscono. Queste parole infatti, costruiscono la nostra immagine, ma anche quella di Dio: per questo, il vero scandalo non sente più la durezza del Vangelo, che non riesce più a contrastare la pochezza perché manipolato e addomesticato. Anche se non ne sto parlando esplicitamente, spero che questi 25 anni si intravedano all’interno di questo discorso, caratterizzati da momenti di grazie in cui le Sacre Scritture appaiono pure, in questo invito di Gesù a rimanere''.
Con questa considerazione, don Marco ha ricordato la sua esperienza nella comunità di Imberido che a sua volta ha quindi colto questa occasione per rivolgere al sacerdote sentita gratitudine per la lunga e preziosa presenza in frazione (così come ad Oggiono, Ello e Annone) per oltre dieci anni, sino al passaggio nella vicina Monticello dove nel 2017 ha assunto il ruolo di parroco.
''Nelle occasioni in cui si ricordano i santi patroni, come quest’oggi - ha esordito il parroco don Maurizio Mottadelli - è bello fare festa con i sacerdoti. Come si è ricordato anche ieri nel corso del consiglio pastorale, questo aspetto è importante perché condividere questi momenti con la comunità significa che ognuno è al servizio di tutti, con i propri carismi e ministeri. Per questa ragione celebrare questa festa con don Marco vuol dire riconoscere che riconoscere come abbiamo camminato con lui per dieci anni, grazie anche ai doni del Signore, pastore che guida''.
Questa breve presentazione ha dato avvio alla cerimonia solenne di martedì sera, a cui hanno preso parte anche il sindaco di Oggiono, Chiara Narciso e il vicesindaco, Michele Negri. L’atmosfera è poi stata scaldata dalle parole di riflessione pronunciate da don Marco nel corso dell'omelia, una volta terminata la lettura del Vangelo.
''Penso che conosciamo tutti la storia di San Giorgio'' ha esordito il sacerdote. ''Non manca il cavaliere, il drago, la principessa da salvare: una storia affascinante entrata nei cuori dei fedeli di allora e anche noi rimaniamo colpiti perché sostiene il nostro desiderio, come quello di ogni uomo, di vedere il male sconfitto. In quella eterna lotta contro il male si pensa di poter salvare se stessi e le persone che si amano e, a volte, non si vede il cavaliere, inviato da Dio. Nel Vangelo però, le cose non accadono in questo modo: non è così che Dio agisce e non è questo il desiderio che intende infondere nel cuore dell’uomo. Inoltre, si scopre che i discepoli non hanno nulla a che vedere con il cavaliere coraggioso. Al contrario sono presi dalla tentazione di scappare di fronte al pericolo''.
Attraverso questo pensiero don Marco ha ricordato il miracolo dei pani e dei pesci, con cui si apre il capitolo sei. ''Con questo racconto - ha proseguito - si vuole sottolineare come il Signore non sia insensibile ai poveri, agli affamati e alle necessità della nostra vita, comprese paure e insicurezze, ma decide di ricorrere in questo modo, con pani e pesci. Ci sembra di essere di fronte all’inizio della storia d’amore tra Gesù e i discepoli e Gesù e la folla affascinata. Ma, come in ogni inizio, tutto sembra funzionare alla perfezione, fino a quando il tempo fa emergere le prime incomprensioni, i primi dubbi, che spingono a cambiare. Questa storia quindi, comincia a vacillare e Giovanni si impegna nel raccogliere le parole di Gesù nel difendersi dalle persone che lo accusano''.
Da questo esempio, si comprende come le relazioni possano diventare impegnative, aprendo due strade: ''riconoscere la durezza di queste parole, come i discepoli, che hanno avuto la forza di uscire dalla superficialità e vedere la relazione crescere. Lasciarsi plasmare da parole che mettono in discussione permette di far vivere, perché feriscono ma, allo stesso tempo guariscono. Queste parole infatti, costruiscono la nostra immagine, ma anche quella di Dio: per questo, il vero scandalo non sente più la durezza del Vangelo, che non riesce più a contrastare la pochezza perché manipolato e addomesticato. Anche se non ne sto parlando esplicitamente, spero che questi 25 anni si intravedano all’interno di questo discorso, caratterizzati da momenti di grazie in cui le Sacre Scritture appaiono pure, in questo invito di Gesù a rimanere''.
Con questa considerazione, don Marco ha ricordato la sua esperienza nella comunità di Imberido che a sua volta ha quindi colto questa occasione per rivolgere al sacerdote sentita gratitudine per la lunga e preziosa presenza in frazione (così come ad Oggiono, Ello e Annone) per oltre dieci anni, sino al passaggio nella vicina Monticello dove nel 2017 ha assunto il ruolo di parroco.
V.I.