La sicurezza urbana è associata alle forze di polizia, ma anche i Comuni si devono attrezzare

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La sicurezza urbana è solitamente associata alle forze di polizia, alle amministrazioni locali, agli apparati sanzionatori e anche penali. La sicurezza della città e dei comuni di un determinato territorio non dipende soltanto dalle polizie locali, dai pattugliamenti, ma necessita soprattutto di strategie preventive volte a diminuire il rischio di comportamenti illegali o di devianza.  É competenza delle amministrazioni comunali e provinciale promuovere dei programmi strategici per prevenire e garantire la sicurezza dotandosi di una cabina di regia che analizzi il fenomeno per mettere in atto appositi interventi.

Ogni territorio ha una sua specificità geofisica, economica e sociale; le patologie sociali, delinquenziali e criminali del territorio lecchese sono diverse dal napoletano, palermitano, milanese ed è per questo che servono politiche di sicurezza urbana specifiche e non omologate. 

I primi attori sociali dei singoli territori sono le amministrazioni comunali, e per far questo si devono attrezzare di competenze e di professionisti. Non basta gridare in continuazione al lupo con le affermazioni general generiche di buon o cattivo senso, per poi chiedere l’intervento repressivo alla Prefettura. È solo un modo per spostare la responsabilità e trovare un capro espiatorio di un problema più complesso e articolato.  

Per caso i comuni hanno deliberato delle politiche di intervento sulla sicurezza urbana?

I comuni sono in grado di offrire una mappa articolata del proprio territorio riguardante il fenomeno criminoso?

In sostanza, ci sono delle delibere riguardanti il fenomeno criminoso distinto dal disagio sociale, che è un’altra cosa?

La lettera della Provincia di Lecco indirizzata alla Prefettura e fuoriuscita per sbaglio, prima del previsto, con tutto rispetto, richiama la “Lettera Rubata” di Edgar Allan Poe, che ha stimolato la fantasia di Freud, Lacan, Derrida e narra di una lettera compromettente per il ministro D. Il ministro interessato fa cercare dalla sua polizia la lettera incriminata non la trova, ma banalmente è sulla scrivania per essere letta. Allo stesso modo, la lettera ‘segreta’ della Provincia di Lecco - firmata da buona parte dei sindaci – è comparsa sulla stampa locale e qualcuno ha gridato allo scandalo. Banalmente, quella lettera pesante e carica di risentimento è uscita dalle ‘segrete stanze’ così com’era prima di essere emendata perché doveva uscire. Tanto che qualche sindaco si è scusato con il Prefetto per lo stile e la sgrammaticatura istituzionale.

Ma dov’erano le varie amministrazioni comunali, le organizzazioni di categoria quando sono state emesse le interdittive antimafia?

Nei singoli Consigli Comunali ci sono state interpellanze?

Nelle varie organizzazioni di categoria si sono presi dei provvedimenti amministrativi e non solo?

Eppure, che questo territorio sia terra di conquista della criminalità organizzata, è una storia vecchia come il cuculo. Basta ricordarsi “Metastasi. Sangue, soldi e politica tra Nord e Sud. La nuova 'ndrangheta nella confessione di un pentito del 25 novembre 2010”. Anche allora il sindaco di Lecco assunse una posizione infastidita e negazionista nei confronti del fenomeno, rischiando, però, dopo qualche anno, di cadere nella trappola dell’ex consigliere comunale lecchese Ernesto Palermo condannato a 10 anni e 4 mesi per associazione per delinquere a stampo mafioso: ci lasciò le penne l’allora sindaco di Valmadrera.

La questione della sicurezza è complessa e non riguarda soltanto la devianza sociale che si manifesta con aggressioni tra gruppi, conflitti tra pari. Questa devianza ambientale ha radici complesse ed è figlia del proprio spazio territoriale. Nel lecchese non è presente una microcriminalità strutturata con bande giovanili, invece sono presenti e attivi comportamenti disfunzionali determinati dalla situazione contestuale. La sicurezza urbana non è la fotocopia del disagio sociale o psicosociale.
Dr.Enrico Magni, Psicologo e giornalista
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