La solitudine di chi deve dar assistenza ad un malato, fra alibi e tante porte chiuse. E la speranza che le cose cambino

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''Mi sono sentito solo nell'affrontare una situazione oggettivamente complessa, con la paura che potesse accadere qualcosa di drammatico. Il tutto nell'indifferenza generale''. E' la ''denuncia'' che abbiamo raccolto da un lettore, trovatosi da qualche mese a questa parte e in maniera del tutto inaspettata, a dover dare assistenza ad una persona cara, scontrandosi con più di un muro che ha reso il percorso, già in salita, ancor più difficile di quanto non avesse ipotizzato.

''Un amico si è trovato in difficoltà e non avendo familiari che potessero dargli una mano, mi sono fatto avanti io, anche perchè la situazione era oggettivamente complessa'' ci ha detto il nostro interlocutore - un libero professionista con attività nel territorio - di cui non possiamo però svelare l'identità, soprattutto a tutela del suo assistito. Un giovane come tanti altri, residente in un comune del Casatese, senza alcuna patologia alle spalle, con una casa e un buon posto di lavoro; all'apparenza insomma, pareva non mancargli nulla. Eppure il disagio era dietro l'angolo e fra l'inverno e la primavera è emerso in tutta la sua gravità. 

''Mi ero già rivolto alle autorità perchè da qualche giorno lo vedevo in difficoltà e avevo paura che potesse succedere qualcosa. A mio parere c'erano tutti gli estremi per richiedere un ASO (accertamento sanitario obbligatorio). Ma nulla, non mi hanno dato retta. Come temevo però, è arrivato purtroppo un giorno in cui si è sentito malissimo. Le sue condizioni rappresentavano un pericolo soprattutto per se stesso. L'ho dovuto caricare in auto ed accompagnare in ospedale a Lecco, mettendo a rischio anche la mia incolumità. Quello è stato l'inizio di un percorso di cura che ancora oggi sta proseguendo'' ha proseguito. 

Un percorso, come anticipavamo, non privo di ostacoli. ''Ho chiesto aiuto ai servizi sociali del Comune in cui risiede, portando tutta la documentazione. Non siamo parenti, ma in questo momento rappresento l'unica persona che può dargli una mano. Non ho però ricevuto risposte concrete, solo rimpalli di responsabilità. Di mezzo però, c'era un ragazzo che necessitava sostegno''. 

Un aiuto preziosissimo è invece arrivato dal CPS (centro psicosociale) di Merate, struttura alla quale l'utente si è rivolto, dando il via ad un percorso finalizzato, oltre che alla cura, anche al reinserimento lavorativo, avendo dovuto lasciare di colpo la precedente occupazione. ''Al personale della struttura, così come al medico di medicina generale ed alla psicologa che già lo seguivano voglio dire pubblicamente grazie perchè si sono prodigati al massimo, con l'obiettivo di dare assistenza ad una persona in difficoltà''.

Eppure nel nostro lettore resta l'amaro in bocca per l'altra faccia della medaglia, quella che ha il sapore dell'indifferenza. ''Ho una formazione economica e qualche esperienza anche nel sociale, quindi so come muovermi. Eppure anche io mi sono dovuto confrontare con un mondo che non conoscevo, non risiedendo qui. La persona che assisto non era autonoma in quel momento e non lo è neppure oggi: personalmente ho fatto il possibile per darle una mano, ma mi chiedo: possibile non ci sia un ente che si possa prendersi in carico la gestione ed il coordinamento di questi servizi a favore del malato? Chi si trova da solo o non ha gli strumenti per muoversi in questo ginepraio di burocrazia, come può fare?'' si è chiesto ancora l'intervistato, che ha poi puntato il dito contro un sistema che a suo dire aspetta che accada l'irreparabile, senza mettere in campo idonei strumenti di prevenzione a tutela del malato e di chi gli sta intorno.

''Sembra che si debba arrivare a compiere il reato, prima che le istituzioni si prendano in carico certe situazioni. Questo non è giusto. Ho bussato alle porte a molti in questi mesi, ma in molti casi mi è sembrato che il problema venisse sottovalutato o che ci si nascondesse dietro ad alibi. Ci sono dei vuoti che vanno colmati e di questo ho parlato l'altro giorno anche con il vice presidente del consiglio di Regione Lombardia che si è reso disponibile ad incontrarmi. Vorrei dare voce - ha concluso - a questa mia personale esperienza perchè immagino che ci siamo tante famiglie nella mia stessa situazione o che magari vivono drammi anche peggiori. E' compito di chi ci amministra aiutarle e non lasciare nessuno solo, soprattutto chi già è costretto a fare i conti con un disagio grave, che lo rende quasi impotente''.
G.C.
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