La poesia di Umberto Colombo/91: sole, calore ed energia

Il caldo sole che tanto ci ha fatto sudare nelle settimane d’estate. Ci ha reso fiacchi per la sua intensità ma, con l’avvicendarsi delle stagioni, possiamo goderne in altre forme e apprezzarlo ancor di più, magari semplicemente seduti su una panchina, come ha fatto Umberto Colombo.
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Quel pomeriggio ha avuto l’ispirazione per dedicare un’intera poesia al sole, come ci ha spiegato: ''Un giorno ero a passeggio e, stanco, mi sono seduto su di una panchina, in quel momento in pieno sole. Dal bruciacchio cercavo l’ombra, ma da quei raggi ero rapito, guardavo abbagliato quel rigoglio di fuoco, accecante se vogliamo, ma fremente. Mi sentivo preso da questo brillio che mi assorbiva.  Questi raggi erano tanti e ciascuno con la sua pungente prurigine. Il tutto era abbagliante, ma in un intenso di vita. I miei occhi erano feriti, ma in fondo, dopo qualche attimo, il tutto si sfogava in una raggiera quasi abbacinante, non ci vedevo più, facevo parte di quel fuoco di sole''. 

Il sole

A cavallo del sole c’è una galassia intera
Il suo trottar da lungo e senza fiato
butta calore luce ed energia a raggera
spingendo nel contento il suo legato
 
Il luogo preso da lontano o da vicino
con ferreo tratto è reso prigioniero
con forza è poi costretto ad un inchino
se vuol trovar la vita per intero
 
Entro il raggio non si ozia certamente
di corsa van girando i suoi pianeti
il lento prillo di ruoto è dipendente
e non potrà mai oltrepassar le sue pareti
 
Quel pigro turbinar d’unione continuato
nei giorni nei secoli e nei miliardi ripetuto
trattiene a calamita l’insieme dal fugato
e ciò consente il nostro mantener vissuto
 
il sole pur essendo solo un puntino
ci salva dal tributo grazie a questo
il sacrificio del bruciar salva il pulcino
ma è causa per lui di futur funesto
 
L’enorme sideral vuoto infinito
inghiotte ciò che è libero al passare
nel suo setaccio varca solo chi è unito
il resto vien buttato al rottamare
 
Al lucente noi dobbiam la nostra vita
coi mondi che con noi sono adunati
nell’intreccio alla sua tela ben ordita
mai saremo dal limbo scoperchiati
 
Umberto Colombo
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