Donne incinte: evitate il Mandic
Avevamo già avuto modo di ascoltare il dottor Roberto Bellù. E l’impressione era stata sgradevole. Presentando la neo primaria di Ostetricia Ginecologia del Mandic, dottoressa Tiziana Dell’Anna, aveva nei fatti criticato fortemente la gestione precedente, preannunciando un nuovo rinascimento della Divisione. Avevamo ascoltato con scetticismo e una punta di irritazione l’intervento del direttore di dipartimento, convinti peraltro che quella sceneggiata servisse soltanto a rendere trionfale il risultato cui Lecco puntava: far fuori brutalmente il dottor Gregorio Del Boca. Missione riuscita. Certo, c’era ancora da attendere che la Dell’Anna gettasse la spugna, ma era solo questione di tempo. E difatti pochi mesi dopo la primaria facente funzioni presentava le dimissioni. Quindi – finalmente – punto nascite di Merate chiuso!
Con un’appendice pericolosa ai fini della pubblica comunicazione: qualcosa restava funzionante nella prima parte del 2024 fino a maggio, il 12, giorno della chiusura definitiva. Ma nessuno ha avuto il coraggio di convocare tutti i sindaci e dire loro di informare la popolazione dell’inutilità dell’accesso al Mandic per le gestanti.
Un equivoco. Una svista. Grave però, perché risulta che in realtà gli accessi sia pure con tutt’altro esito siano stati ancora numerosi.
Comunque, in sostituzione della Divisione di Ostetricia Ginecologia, il dottor Pellegrino primario di Lecco e anche facente funzioni a Merate e il dottor Buonocore, primario del P.S. del Mandic hanno redatto in data 10 maggio una procedura che – assicura il dottor Bellù – “garantisce il massimo della sicurezza”.
Dunque la gestante entra in P.S. viene visita al triage e (testuale) “ . . . .qualora il medico non sia in grado di effettuare la valutazione nei tempi previsti, alla paziente verrà assegnato in fase di rivalutazione un codice giallo . . .”. Cioé di media criticità. Lo stesso assegnato alla donna la cui vicenda ha aperto il caso.
Fonti assolutamente autorevoli affermano che in base alle disposizioni ministeriali il sospetto distacco di placenta rende la paziente intrasferibile. Invece no, il dottor Bellù afferma che il trasferimento andava fatto e verso Lecco (chissà perché non verso il più vicino Vimercate) e che il comportamento del P.S. è stato esemplare. Quindi se accadessero altre situazioni analoghe si dovrà agire ancora allo stesso modo.
E pazienza quale sarà poi l’esito.
Naturalmente ha sorvolato sul passaggio del medesimo protocollo che recita testualmente: “. . il presidio deve garantire . . . l’attività chirurgica di emergenza urgenza H 24 sette giorni su sette. L’equipe ginecologica deve garantire la reperibilità nel caso in cui sia necessario un intervento in emergenza”.
Ma la teoria esposta da direttore di dipartimento non sembra universalmente condivisa. Un estratto da un protocollo regionale: “La donna è trasferibile in assenza di elementi che facciano considerare imminente il parto o in assenza di patologie (emorragia in atto, sofferenza fetale acuta, etc) che richiedano l’espletamento urgente del parto. Per queste ultime condizioni è preferibile richiedere l’intervento del Servizio di Trasporto di Emergenza Neonatale, espletare il parto, assistere la madre, prestare le prime cure al neonato e poi affidarlo allo STEN”
E ancora un estratto della Società Italiana di Medicina Perinatale: “In generale esistono controindicazioni al trasporto quando il rischio di parto durante il trasporto è concreto (è meglio partorire in una sala parto di I livello che non in ambulanza). Sostanzialmente il trasporto richiede dei tempi organizzativi incomprimibili di almeno 30’ oltre al tempo del trasporto stesso. Quindi se la situazione clinica fa prevedere tempi più lunghi prima che si verifichi il parto, si procede con l’organizzazione, altrimenti si deve organizzare l’assistenza nell’ospedale che ha ricevuto la paziente. L’ospedale inviante deve comunque iniziare la gestione clinica adeguata immediatamente (esami, terapie) e rivalutare la situazione prima del trasferimento. Il medico responsabile allerterà il trasporto neonatale (STEN) al fine di ottimizzare i tempi”.
Non abbiamo certo la pretesa di saperne di più del dottor Roberto Bellù. Ma i toni trionfalistici davanti a una tragedia del genere ci sono apparsi di una sgradevolezza intollerabile. Peccato che al solito i pochi sindaci presenti non abbiamo sollevato qualche perplessità. Forse davvero quella procedura era ignota ai più (eppure il dottor Mattia Salvioni neo sindaco di Merate ci aveva assicurato di averla letta con attenzione). Allora sostituendoci all’ASST e pure ai Sindaci diciamo: donne incinte, evitate il San Leopoldo Mandic!
Con un’appendice pericolosa ai fini della pubblica comunicazione: qualcosa restava funzionante nella prima parte del 2024 fino a maggio, il 12, giorno della chiusura definitiva. Ma nessuno ha avuto il coraggio di convocare tutti i sindaci e dire loro di informare la popolazione dell’inutilità dell’accesso al Mandic per le gestanti.
Un equivoco. Una svista. Grave però, perché risulta che in realtà gli accessi sia pure con tutt’altro esito siano stati ancora numerosi.
Comunque, in sostituzione della Divisione di Ostetricia Ginecologia, il dottor Pellegrino primario di Lecco e anche facente funzioni a Merate e il dottor Buonocore, primario del P.S. del Mandic hanno redatto in data 10 maggio una procedura che – assicura il dottor Bellù – “garantisce il massimo della sicurezza”.
Dunque la gestante entra in P.S. viene visita al triage e (testuale) “ . . . .qualora il medico non sia in grado di effettuare la valutazione nei tempi previsti, alla paziente verrà assegnato in fase di rivalutazione un codice giallo . . .”. Cioé di media criticità. Lo stesso assegnato alla donna la cui vicenda ha aperto il caso.
Fonti assolutamente autorevoli affermano che in base alle disposizioni ministeriali il sospetto distacco di placenta rende la paziente intrasferibile. Invece no, il dottor Bellù afferma che il trasferimento andava fatto e verso Lecco (chissà perché non verso il più vicino Vimercate) e che il comportamento del P.S. è stato esemplare. Quindi se accadessero altre situazioni analoghe si dovrà agire ancora allo stesso modo.
E pazienza quale sarà poi l’esito.
Naturalmente ha sorvolato sul passaggio del medesimo protocollo che recita testualmente: “. . il presidio deve garantire . . . l’attività chirurgica di emergenza urgenza H 24 sette giorni su sette. L’equipe ginecologica deve garantire la reperibilità nel caso in cui sia necessario un intervento in emergenza”.
Ma la teoria esposta da direttore di dipartimento non sembra universalmente condivisa. Un estratto da un protocollo regionale: “La donna è trasferibile in assenza di elementi che facciano considerare imminente il parto o in assenza di patologie (emorragia in atto, sofferenza fetale acuta, etc) che richiedano l’espletamento urgente del parto. Per queste ultime condizioni è preferibile richiedere l’intervento del Servizio di Trasporto di Emergenza Neonatale, espletare il parto, assistere la madre, prestare le prime cure al neonato e poi affidarlo allo STEN”
E ancora un estratto della Società Italiana di Medicina Perinatale: “In generale esistono controindicazioni al trasporto quando il rischio di parto durante il trasporto è concreto (è meglio partorire in una sala parto di I livello che non in ambulanza). Sostanzialmente il trasporto richiede dei tempi organizzativi incomprimibili di almeno 30’ oltre al tempo del trasporto stesso. Quindi se la situazione clinica fa prevedere tempi più lunghi prima che si verifichi il parto, si procede con l’organizzazione, altrimenti si deve organizzare l’assistenza nell’ospedale che ha ricevuto la paziente. L’ospedale inviante deve comunque iniziare la gestione clinica adeguata immediatamente (esami, terapie) e rivalutare la situazione prima del trasferimento. Il medico responsabile allerterà il trasporto neonatale (STEN) al fine di ottimizzare i tempi”.
Non abbiamo certo la pretesa di saperne di più del dottor Roberto Bellù. Ma i toni trionfalistici davanti a una tragedia del genere ci sono apparsi di una sgradevolezza intollerabile. Peccato che al solito i pochi sindaci presenti non abbiamo sollevato qualche perplessità. Forse davvero quella procedura era ignota ai più (eppure il dottor Mattia Salvioni neo sindaco di Merate ci aveva assicurato di averla letta con attenzione). Allora sostituendoci all’ASST e pure ai Sindaci diciamo: donne incinte, evitate il San Leopoldo Mandic!
Claudio Brambilla