Bevera: l'esperienza di fede in Congo di Padre Rinaldo Do

Nel breve periodo di pausa dalla missione in Congo, Padre Rinaldo Do - originario della Val Camonica - è tornato all’Istituto Missioni Consolata di Bevera a Castello di Brianza, territorio al quale è profondamente legato. In queste settimane ha avuto modo di raccontare ad amici, conoscenti e confratelli, la sua esperienza di vita in Africa, avviata nel 1991 e segnata da opere di fede e di aiuto alla comunità locale. Esperienza che ha voluto condividere anche con i nostri lettori, concedendoci un'intervista.
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Padre Rinado in missione

''Con i miei confratelli - ha esordito il religioso - cerco di annunciare l’amore di Dio in una situazione molto triste e delicata, in un Paese ricco di umanità, così come di risorse naturali: non a caso siamo il secondo polmone del mondo dopo l’Amazzonia, in quanto territorio ricco di minerali e terre da coltivare. I Padri missionari si trovano qui dal 1972, mentre io sono arrivato vent’anni più tardi; il nostro impegno quotidiano si concretizza nella presenza di ospedali, di un centro di salute per i bambini malnutriti, di scuole e di cooperative solidali per sviluppare i pochi mezzi che abbiamo a disposizione: l’importante è la nostra presenza. Infatti, la Chiesa cattolica - a differenza della politica - tenta di intervenire per risolvere, o quantomeno contenere, i problemi relativi alla condizione socio-economica e morale del Paese. E' importante denunciare questa sofferenza, affinchè le cose possano cambiare''.
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Una forte vocazione, quella del missionario, che affonda le sue radici ai tempi degli studi, periodo in cui i missionari avevano la possibilità di portare la loro testimonianza all’interno degli ambienti scolastici.
''In particolare - ha ricordato Padre Rinaldo - i bottoni rossi della divisa delle suore comboniane mi facevano pensare al sangue dei martiri e alla sofferenza dei poveri: da quel momento ho espresso la mia volontà di intraprendere questo percorso. Mi interrogavo costantemente sulla fortuna della mia famiglia nell’avere a disposizione acqua, riscaldamento e bisogni primari che altri bambini della mia età non avevano. Quindi, nella riflessione, nella preghiera e nell’oratorio, accompagnato dal mio parroco e poi dai missionari della Consolata, ho donato me stesso alla realizzazione di questa scelta: quest’anno infatti, celebro quarant’anni di vita religiosa e missionaria''.
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Questo cammino in un altro continente ha alimentato aspettative verso ciò che la Chiesa avrebbe potuto donare verso questa realtà. ''Prima di partire ero pronto a offrire quello che ero e che sono, ma ho ricevuto anche molto in cambio: la Chiesa del Congo mi ha aiutato a crescere, a livello personale, nella fede, nell’amore e nell’impegno. Per questo sono convinto che la Chiesa italiana debba spalancare le porte di fronte all’esempio che ci offre questa realtà che, pur non avendo una tradizione millenaria come in Europa, alimenta uno spirito vivo e puro. Io mi definisco ''missionario di frontiera'', ma i cristiani in Italia sono ''di retroguardia'', per questo è necessario proseguire la missione nella preghiera, nonostante le difficoltà. Le nostre chiese sono piene e animate dai giovani, dalle mamme e dai papà, che portano avanti tutto, mentre noi missionari siamo semplici servi''.

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Questo confronto tra le due nazioni diventa occasione per trasmettere un messaggio edificante ai giovani, grazie a questo esempio. ''Creo sia importante educare i ragazzi ai valori del risparmio e del rispetto, andando contro allo spreco, al bullismo, con uno sguardo alla diversità. Oltre alla preghiera e all’educazione, riveste un aspetto fondamentale per noi mantenere il contatto con la Chiesa della Brianza: ricevere messaggi da qualche amico o da qualche parrocchia ci dà la forza di superare momenti difficili e di sentirci meno soli nella sofferenza. Conoscere questa realtà è possibile grazie anche alle riviste, edite da noi, in modo da mantenere questa vicinanza''.
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In questi numerosi articoli, a cui è possibile abbonarsi, vengono raccolte le esperienze e i racconti di diverse vicende. Tra queste e altre non scritte, ma impresse nella memoria dei missionari, il don ne ricorda una in particolare: ''l’episodio che avrò sempre nel cuore è il saccheggio nel ‘98, da parte dei ribelli del Sud Sudan, che ci hanno costretto a scappare, cosa che ha fatto pensare ai cristiani che fossimo tornati in patria. Al termine di questa spiacevole e ingiusta razzia, in seguito alla quale non era rimasto più nulla, io giravo in bici, cappella per cappella, a portare la Parola di Dio, il pane e il vino per l’Eucaristia: in questo momento, mi sentivo un vero ministro di Dio, rimasto senza niente, se non con l’essenziale, cioè Gesù che ha un progetto di vita per i nostri fratelli del Congo''.
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Questo aneddoto è solo uno dei tanti momenti che restano impressi nella memoria di Padre Rinaldo e del suo popolo; la speranza è che i Paesi occidentali si avvicinino alle problematiche di questo Paese, che richiede un intervento significativo a livello internazionale.
V.I.
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