Missaglia, 4 Novembre: il sindaco invita al ''bene che genera bene''
La cerimonia di commemorazione del 4 novembre, Giorno dell’Unità Nazionale e delle Forza Armate, si è tenuta a Missaglia nella giornata di domenica 3 novembre, a partire dalle 8 del mattino con la posa della corona al Monumento ai Caduti di Piazza Libertà, per poi spostarsi a Contra, Missagliola, Maresso e infine Lomaniga con il discorso commemorativo pronunciato dal sindaco Paolo Redaelli e in seguito la messa celebrata nella chiesa di S. Fermo e Rustico. Oltre ad alcuni membri della giunta, tra cui il Vice Sindaco Donatella Diacci, erano presenti il Gruppo Alpini di Missaglia, l’Associazione Nazionale Carabinieri della sezione di Merate e tutte le Associazioni.
Dopo l’inno nazionale e il silenzio militare, il sindaco ha preso la parola ricordando ad uno ad uno tutti i caduti della Prima Guerra Mondiale: Crippa Santo, Mauri Giovanni, Vergani Enrico, Magni Antonio, Riva Guido, Beretta Antonio, Bonfanti Primo, Casiraghi Natale, Manzoni Ambrogio, Manzoni Andrea, Scaccabarozzi Pietro, Stucchi Giuseppe, Beretta Alessandro, Beretta Enrico, Lovati Giuseppe, Magni Giovanni, Vergani Antonio, Vergani Vittore, Casiraghi Amabile, Crippa Luigi. Il sindaco sottolinea la necessità di elencarli per nome e cognome per sottolineare l’importanza di ciascuno e cita in particolare Giosuè Rovelli, da cui suo padre prese il nome, che non ha conosciuto ma che rimane per lui testimonianza viva di una guerra non vissuta e sempre studiata sui libri di scuola.
Il primo conflitto mondiale ebbe inizio il 21 luglio 1914, un mese dopo l’attentato di Sarajevo in cui Gavrilo Princip uccise gli arciduchi austriaci Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia: quello che sembrava una guerra solo locale, si trasformò presto in guerra mondiale. “Senza evocare scenari catastrofici, questo ci ricorda ciò che sta succedendo oggi: la Russia invade l’Ucraina e tutti intervengono o sono chiamati in causa. Allo stesso modo ricordo il conflitto tra Israele e Hamas in cui varie forze sono in campo”. Si vede allora la necessità sempre più urgente di ricordare ciò che è accaduto 110 anni fa per non ripetere un’esperienza così dolorosa, ormai solo presente nei ricordi dei pochi superstiti sempre più inascoltati.
Oggi, come ha sottolineato il sindaco, siam tecnologicamente più avanzati ma se usassimo le armi nucleari questo porterebbe un danno inimmaginabile: i due conflitti odierni mostrano la difficoltà di raggiungere la pace, mentre i morti continuano ad aumentare, se ne contano 480 mila sul fronte Russo-Ucraino e 40 mila sul fronte Israelo-Palestinese. I morti della Prima Guerra Mondiale furono 10 milioni ma ciò che impressione è la velocità con cui ad oggi contiamo le vittime degli attuali scontri, in un tempo che è meno della metà della durata del primo conflitto mondiale.
“Se oggi siamo quello che siamo e possiamo vivere così la nostra quotidianità lo dobbiamo ai nostri avi che hanno combattuto e vinto per noi, che ci hanno consegnato l’assetto attuale dell’Italia” ha ricordato il sindaco Redaelli, evidenziando però anche due paure: la pressione esercitata dagli interventisti prima della guerra ricorda la cattiveria che si vede nei dibattiti politici e nei talk show televisivi, la ferocia delle parole, i giudizi rapidi che vengono dalla pancia e non da una riflessione attenta che cerca le cause di ciò che accade. “Si tende a cercare un capro espiatorio che sia bersaglio di tutte le nostre frustrazioni, da condannare senza se e senza ma” ha dichiarato con forza il sindaco. L’altra grande paura che Redaelli ha condiviso è quella delle sempre più frequenti manifestazioni in cui i singoli o gruppi di persone inneggiano al fascismo, aspirando con nostalgia a quel ventennio, come periodo a cui tendere senza averlo vissuto: “Mi spaventa la superficialità delle motivazioni che spingono queste persone e il tentativo di giustificazione di tali manifestazioni. Un tempo la memoria di chi aveva vissuto quella storia aiutava chi al contrario non l’aveva sperimentata, mentre oggi questo è sempre più difficile”. Queste sono state le parole del sindaco che ha ricordato come ci sia però la possibilità di arginare questi fenomeni, ad esempio vivendo con più fiducia le relazioni interpersonali, apprezzando la diversità e costruendo una società più accogliente verso i nostri vicini: “Tutti devono rispettare le leggi vigenti senza sconti, allo stesso tempo un clima più disteso di condivisione e accoglienza favorisce l’integrazione e il miglioramento delle condizioni di vita. Ricordo, ad esempio, la bella iniziativa delle cene etniche organizzate da Giovani Sport e Cultura insieme agli Amici della Baita degli Alpini, che hanno permesso di condividere le diversità, apprezzandole”.
Il sindaco, in conclusione, invita all’apertura e non alla chiusura perché “il bene genera bene”: la Prima Guerra Mondiale ci ricorda infatti che i soldati e tutti i cittadini uscirono pieni di feriti da questo conflitto ma più uniti e con uno spirito più saldo e unito, nella consapevolezza di appartenere ad un’unica bandiera.
Dopo l’inno nazionale e il silenzio militare, il sindaco ha preso la parola ricordando ad uno ad uno tutti i caduti della Prima Guerra Mondiale: Crippa Santo, Mauri Giovanni, Vergani Enrico, Magni Antonio, Riva Guido, Beretta Antonio, Bonfanti Primo, Casiraghi Natale, Manzoni Ambrogio, Manzoni Andrea, Scaccabarozzi Pietro, Stucchi Giuseppe, Beretta Alessandro, Beretta Enrico, Lovati Giuseppe, Magni Giovanni, Vergani Antonio, Vergani Vittore, Casiraghi Amabile, Crippa Luigi. Il sindaco sottolinea la necessità di elencarli per nome e cognome per sottolineare l’importanza di ciascuno e cita in particolare Giosuè Rovelli, da cui suo padre prese il nome, che non ha conosciuto ma che rimane per lui testimonianza viva di una guerra non vissuta e sempre studiata sui libri di scuola.
Il primo conflitto mondiale ebbe inizio il 21 luglio 1914, un mese dopo l’attentato di Sarajevo in cui Gavrilo Princip uccise gli arciduchi austriaci Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia: quello che sembrava una guerra solo locale, si trasformò presto in guerra mondiale. “Senza evocare scenari catastrofici, questo ci ricorda ciò che sta succedendo oggi: la Russia invade l’Ucraina e tutti intervengono o sono chiamati in causa. Allo stesso modo ricordo il conflitto tra Israele e Hamas in cui varie forze sono in campo”. Si vede allora la necessità sempre più urgente di ricordare ciò che è accaduto 110 anni fa per non ripetere un’esperienza così dolorosa, ormai solo presente nei ricordi dei pochi superstiti sempre più inascoltati.
Oggi, come ha sottolineato il sindaco, siam tecnologicamente più avanzati ma se usassimo le armi nucleari questo porterebbe un danno inimmaginabile: i due conflitti odierni mostrano la difficoltà di raggiungere la pace, mentre i morti continuano ad aumentare, se ne contano 480 mila sul fronte Russo-Ucraino e 40 mila sul fronte Israelo-Palestinese. I morti della Prima Guerra Mondiale furono 10 milioni ma ciò che impressione è la velocità con cui ad oggi contiamo le vittime degli attuali scontri, in un tempo che è meno della metà della durata del primo conflitto mondiale.
“Se oggi siamo quello che siamo e possiamo vivere così la nostra quotidianità lo dobbiamo ai nostri avi che hanno combattuto e vinto per noi, che ci hanno consegnato l’assetto attuale dell’Italia” ha ricordato il sindaco Redaelli, evidenziando però anche due paure: la pressione esercitata dagli interventisti prima della guerra ricorda la cattiveria che si vede nei dibattiti politici e nei talk show televisivi, la ferocia delle parole, i giudizi rapidi che vengono dalla pancia e non da una riflessione attenta che cerca le cause di ciò che accade. “Si tende a cercare un capro espiatorio che sia bersaglio di tutte le nostre frustrazioni, da condannare senza se e senza ma” ha dichiarato con forza il sindaco. L’altra grande paura che Redaelli ha condiviso è quella delle sempre più frequenti manifestazioni in cui i singoli o gruppi di persone inneggiano al fascismo, aspirando con nostalgia a quel ventennio, come periodo a cui tendere senza averlo vissuto: “Mi spaventa la superficialità delle motivazioni che spingono queste persone e il tentativo di giustificazione di tali manifestazioni. Un tempo la memoria di chi aveva vissuto quella storia aiutava chi al contrario non l’aveva sperimentata, mentre oggi questo è sempre più difficile”. Queste sono state le parole del sindaco che ha ricordato come ci sia però la possibilità di arginare questi fenomeni, ad esempio vivendo con più fiducia le relazioni interpersonali, apprezzando la diversità e costruendo una società più accogliente verso i nostri vicini: “Tutti devono rispettare le leggi vigenti senza sconti, allo stesso tempo un clima più disteso di condivisione e accoglienza favorisce l’integrazione e il miglioramento delle condizioni di vita. Ricordo, ad esempio, la bella iniziativa delle cene etniche organizzate da Giovani Sport e Cultura insieme agli Amici della Baita degli Alpini, che hanno permesso di condividere le diversità, apprezzandole”.
Il sindaco, in conclusione, invita all’apertura e non alla chiusura perché “il bene genera bene”: la Prima Guerra Mondiale ci ricorda infatti che i soldati e tutti i cittadini uscirono pieni di feriti da questo conflitto ma più uniti e con uno spirito più saldo e unito, nella consapevolezza di appartenere ad un’unica bandiera.
C.F.