Dolzago: chiesa gremita per la prima messa officiata da don Giorgio De Capitani

Don Giorgio De Capitani
Don Giorgio De Capitani non ha perso tempo e, nel corso dell'omelia, ha aggiunto qualche pensiero personale. Fedeli silenziosi ascoltavano le prime parole di questo sacerdote che farà certamente ancora parlare di sé.
"Capisco chi si è trovato un lavoro, e se lo tiene, capisco anche chi ha una casa, e se la tiene stretta. capisco anche chi si è costruito una certa carriera e non vuole tornare indietro, capisco chi ha una bella famiglia e se la tiene stretta. E mentre tutto quanto è solo una parte di discussione per una causa ancora più nobile, penso che in concreto sia difficile da accettare. Che cos'è l'ambizione? Che cos'è il bene comune? Che cos'è la democrazia? Che cos'è la giustizia? Sono solo parole. Quando siamo spogliati proprio di tutto quello che abbiamo ottenuto con tanto sacrificio e altrettanta caparbietà, c'è qualcosa che non funziona, seppur legittimi. L'individualismo, che poi in realtà di questo si tratta, alla fine non paga. Tutti ci rimettiamo quando ci vengono a mancare i valori, diciamo universali, quali la giustizia, il bene comune, quel senso di appartenenza o di identità. Allora mi chiedo sempre: pur vivendo nella stessa patria, apparteniamo allo stesso padre. Allora, quanti, per diverse ragioni, sono espatriati e si sentono legati alla propria comunità più di quanto non siano i residenti, che hanno casa e famiglia nel proprio paese. In realtà essi vivono senza minimamente preoccuparsi del contesto sociopolitico in cui vivono. È vero che siamo ormai cittadini del mondo, ma è anche vero che non siamo attaccati al proprio paese. Ed è qui, nel proprio paese che possiamo ricostruire il mondo. Anche Cristo, incarnandosi, ha scelto la patria. Si è sempre sentito un ebreo" ha affermato nel suo discorso, facendo probabilmente un implicito riferimento alla vicenda che lo ha coinvolto personalmente. Ricordiamo infatti che il sacerdote è stato trasferito dal paese nel quale prestava servizio in seguito ad una decisione dell'arcivescovo di Milano Angelo Scola.
Il sacerdote, forse per risvegliare gli animi degli astanti, ha concluso con queste profonde parole: "Ci stiamo spegnendo immersi in un mare di superfluo. L'attuale crisi economica ci sta deviando anche nel mondo superfluo. E' diventato una necessità di vita. In questo senso può essere provvidenziale. Cessata la crisi, torneremo col tempo a comprare il superfluo. Se capissimo invece le lezioni, se sentissimo la sete dell'infinito, se tornassimo al nudo essere, forse risolveremmo anche i problemi della vita".
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