
Fabio Citterio
"Valerio ci aveva proposto un compenso se fossimo andati a spaventare un uomo che, così ci aveva raccontato, anni prima aveva violentato una bambina di 11 anni. Io ero contrario, ma quella sera mia cugina mi ha pregato di farlo tra le lacrime, lui mi ha invitato a cena e ho bevuto del vino. Poi ho preso le mie medicine, e fumato hashish e assunto cocaina insieme a lui. Mi hanno poi offerto 4 grappe in un bar, e siamo andati a Paderno. Io ero in stato confusionale, ma non ho puntato la pistola contro Caroppa. Gliel'ho mostrata per intimidirlo, lui mi si è scagliato contro e nell'abbassarmi mi è partito un colpo. Avevo il buio davanti agli occhi, le mie orecchie fischiavano. Ho seguito di istinto mia cugina che usciva, ma ho saputo che lui era morto solo due giorni dopo, in carcere". Fabio Citterio, il tecnico informatico di Lurago d'Erba accusato, insieme alla cugina dolzaghese Tiziana Molteni e all'amico Valerio Pirrotta, di aver ucciso a Paderno d'Adda Antonio Caroppa, nella mattinata odierna ha raccontato la sua verità di fronte ai giudici popolari della Corte d'Appello di Como, dove è in corso il processo a carico di Pirrotta. Quest'ultimo si è sempre dichiarato estraneo ai fatti del 10 maggio 2012, quando l'allora 42enne Antonio Caroppa è stato ucciso nel box di casa con un colpo di pistola. Ma dalle testimonianze dei due cugini emerge sempre più una versione dei fatti che lo vede non solo presente sul posto, ma presunto ideatore e mandante della "spedizione punitiva" ai danni del padernese. Organizzata nei minimi dettagli, dopo aver raccontato ai due cugini della violenza su una minore da parte dell'uomo e aver promesso loro un compenso (20.000 € da dividere in tre, poi 10.000 € e mezzo etto di cocaina, infine sceso a 3.000 € a testa) se lo avessero intimidito per "fargli cambiare zona", come raccontato dallo stesso Citterio in aula. Grazie alla collaborazione dei due cugini è stato possibile inoltre per lui conoscere la targa dell'auto dell'uomo - dopo un passaggio della Molteni all'Aci di Valmadrera per chiedere la visura del mezzo - e il posto in cui viveva, dove i tre hanno effettuato diversi sopralluoghi. Ci sarebbe inoltre un quarto uomo coinvolto nell'omicidio, che Pirrotta ha incontrato in un bar di Cassago e che Tiziana Molteni ha visto dall'esterno del locale. Ma che non ha ancora un nome.
"Ho conosciuto Valerio tra il 2010 e il 2011, quando mi sono trasferito da mia madre - che abita sotto di lui - dopo essermi separato da mia moglie" ha spiegato Fabio Citterio in aula, rispondendo alle domande del pubblico ministero Rosa Valotta.
"In quel periodo ero sballato, stavo male perché mia figlia non voleva avere più contatti con me e avevo iniziato a fare uso di sostanze stupefacenti, oltre ai medicinali salvavita che devo assumere ogni giorno per problemi di salute che mi rendono difficoltoso ricordare le cose. È capitato che assumessi cocaina, hashish e marijuana anche con lui. Mia cugina mi veniva a trovare in quel periodo e così lo ha conosciuto. Lei aveva problemi di soldi, mi ha raccontato che suo marito le doveva del denaro e che aveva speso tutto quello che aveva guadagnato con la vendita di un immobile - circa 40.000 €. Valerio ci ha detto che c'era una persona - non ha mai fatto il suo nome - che aveva mandato in galera altri uomini e violentato una bambina, e che ci avrebbe dato dei soldi se fossimo andati a minacciarlo. Io non volevo farlo, non avevo bisogno di quei soldi e sapevo che era una cosa illegale. Ho quindi spento il cellulare per una settimana, per non farmi trovare da loro. Pensavo che il tutto fosse finito lì".
Santo Valerio Pirrotta
Valerio Pirrotta e Tiziana Molteni sono invece tornati a chiedere a Citterio di partecipare al "piano" e, convinto dalle lacrime della cugina e stordito da alcool e droghe, il tecnico informatico ha preso parte alla spedizione.
"Ho cenato a casa di Valerio, bevendo vino. Sono passato da mia mamma a prendere le mie medicine e le chiavi dell'auto, la sua, e siamo andati in un bar di Lurago d'Erba ad aspettare Tiziana che era tornata a casa per la cena in famiglia" ha raccontato Citterio, rispondendo ai quesiti degli avvocati difensori Stefano Didonna e Marco Rigamonti.
"Lì abbiamo bevuto altre 4 grappe a testa in attesa che lei arrivasse, e ci siamo poi diretti a Paderno. All'andata ho guidato io la Matiz di mia mamma, ma ero già in stato confusionale. Lei ci seguiva con la sua Smart". Dopo aver posteggiato, i due cugini si sono recati - armati di coltello e pistola - alla casa del padernese e, dopo averlo fatto scendere in garage con la scusa di un incidente d'auto, hanno messo in atto il loro piano.
"Tiziana mi ha porto un guanto ma io non l'ho indossato, Pirrotta mi ha passato dall'auto la pistola dopo averla pulita in un panno" ha spiegato Citterio.
"Nel box io non ho parlato, non ero in grado di farlo. Lei diceva cose tipo "sei un bastardo, un pedofilo" agitandogli il coltello davanti alla faccia. Deve averlo ferito. Lui diceva che ci sbagliavamo, e ci chiedeva "chi è che vi manda?". Ha preso i polsi di mia cugina, è ovvio che fosse spaventato. Io gli ho mostrato la pistola per intimidirlo, ma per reazione lui mi si è scagliato contro. Mi sono abbassato di istinto, ho chiuso gli occhi e mi è partito un colpo. È stato un botto tremendo, quando li ho riaperti ho visto mia cugina che usciva dal cancello, e l'ho seguita. Sentivo la gente gridare, e le sirene dell'ambulanza. Ma non sapevo fosse morto, ho sperato che non lo fosse. Non volevo intimidire quell'uomo perché con queste cose non si mai cosa può succedere. E infatti è accaduto quello che non sarebbe dovuto mai accadere. Ho gettato la pistola in un boschetto vicino - Valerio si è arrabbiato per questo - e mi sono messo alla guida. Ma non ero in grado di guidare, così poi lo ha fatto lui". Quando i Carabinieri sono arrivati a casa sua, alle 5.30 del mattino dopo, hanno trovato i vestiti di Citterio ancora sporchi del sangue dell'uomo. Durante l'interrogatorio dell'11 maggio, presso la stazione dei Carabinieri di Merate, egli ha dato una versione diversa dei fatti.
"Avevo detto che la pistola l'avevo presa io da un Marocchino a Sesto, ma non era vero. Me l'ha data Pirrotta, ma avevo paura a testimoniare perchè dicono che i calabresi sono pericolosi, temevo ritorsioni per la mia famiglia. Lui è stato da mia madre offrendole 300 € perché non avevo parlato, ma lei li ha rifiutati". Fabio Citterio ha raccontato di non aver mai conosciuto Caroppa prima dell'omicidio, e di aver sentito il suo nome solo dopo i fatti.
"Io sono andato per fare un favore a mia cugina, mi hanno preso in giro. Con lui ero andato anche in zona Merate nel posteggio di una ditta, per cercare la sua auto mi aveva detto, e ci siamo fermati in un bar lì in zona dove lui è entrato a incontrare una persona, ma non so chi fosse". 
Tiziana Molteni
Un uomo in un bar Pirrotta l'aveva incontrato anche alcuni giorni prima dell'omicidio a Cassago, come ha raccontato Tiziana Molteni in aula.
"Era con i capelli gellati e gli occhiali da sole, ma non ho sentito cosa si dicevano. Con Pirrotta sono andata 3 o 4 volte a Paderno, era per imparare la strada diceva, e ci aveva promesso dei soldi. Questo fatto l'ho negato in un primo momento alle forze dell'ordine, perché mi sembrava brutto da dire" ha raccontato l'imputata.
"La pistola me l'ha mostrata alcuni giorni prima dei fatti, su un pianerottolo fuori dal suo garage. La storia dell'incidente l'ha ideata lui. Quando ho suonato il campanello avevo i guanti, non dovevamo lasciare tracce, e lui non è venuto con noi perché aveva già avuto guai con la giustizia. Io non ho mai fatto uso di stupefacenti". I due cugini, stando al racconto fornito in aula, non sapevano nulla dell'identità di Antonio Caroppa, né di quella della sua convivente, Stefania Iannoli, che potrebbe essere la "chiave di volta" dell'intero caso. La donna infatti aveva intrattenuto in passato una lunga relazione con Alberto Ciccia, calabrese condannato all'ergastolo per un pluriomicidio avvenuto a Briosco del 1996. La sua posizione, insieme a quella del 48enne Salvatore Inzitari, era stata stralciata dal processo per ulteriori approfondimenti. Nell'udienza di oggi a Tiziana Molteni e Fabio Citterio è stato inoltre chiesto di un loro coinvolgimento nel furto avvenuto in una villa di Oggiono nel 1993, cui era seguita la sparizione della donna delle pulizie Maddalena Calabria, amica della Molteni. Il corpo della donna era stato ritrovato nel 2001 a Tavernerio (Como) durante alcuni scavi vicino al cimitero, e Valerio Pirrotta aveva confessato alle forze dell'ordine che a uccidere la donna erano stati i due cugini. In aula oggi i due hanno negato alcun coinvolgimento in tali vicende. Per l'omicidio di Antonio Caroppa è invece ormai emerso un quadro piuttosto chiaro (anche se non definitivo), che vede Tiziana Molteni e Fabio Citterio come gli esecutori materiali di un piano pensato da Valerio Pirrotta per motivazioni che i processi in corso devono ancora chiarire in via definitiva. Giovedì 10 ottobre il procedimento a carico dei due cugini proseguirà a Lecco.
R. R.