Dolzago: Tiziana Molteni e suo cugino Fabio Citterio descritti come ''killer tragicomici''. Trent'anni per aver ucciso Caroppa

La vittima
Antonio Caroppa
Chiamato a pronunciarsi circa la posizione dei due soggetti individuati come gli esecutori materiali dell'omicidio dell'operaio padernese Antonio Caroppa, freddato nel box della sua abitazione nel maggio dello scorso anno, il dottor Massimo Mercaldo ha accolto in toto la richiesta avanzata dalla pubblica accusa: nel primo pomeriggio di quest'oggi, dando lettura della sentenza, ha condannato Tiziana Molteni, operatrice sanitaria di Dolzago e il cugino Fabio Citterio, tecnico informatico residente a Lurago d'Erba a trent'anni di reclusione, rigettando la tesi sostenuta dai difensori dei due imputati che avevano chiesto per entrambi gli assistiti la derubricazione del reato da omicidio premeditato a preterintenzionale con il riconoscimento delle attenuanti e dunque il minimo della pena. La strategia difensiva, sostenuta con passione dall'avvocato Marcello Perillo (per Citterio) e dal collega Vito Zotti (per Molteni) mirava infatti a dimostrare come i due cugini fossero in realtà, come dagli stessi sempre sostenuto, stati assoldati da un terzo soggetto, Valerio Santo Pirrotta (attualmente sotto processo in Corte d'Assise a Como) per spaventare il Caroppa,  non per ucciderlo, per conto di un mandante non ancora certamente identificato (seppur inizialmente, prima che la sua posizione fosse momentaneamente stralciata, si era pensato al boss Alberto Ciccia, all'ergastolo per un triplice omicidio, legato sentimentalmente con Stefania Iannoli, la donna compagna dell'ammazzato).
"E' Santo Valerio Pirrotta il soggetto che organizza effettivamente il tutto" ha spiegato in aula, a porte chiuse, dando la sua interpretazione all'accaduto, l'avvocato Perillo che non ha potuto fare a meno, anche dinnanzi al giudice, di porre una serie di domande. "Vi siete chiesti perché, nonostante le conoscenze che aveva, si è rivolto alla Molteni e a Citterio, due incensurati, mai nemmeno controllati dai Carabinieri? E perché Santo Valerio Pirrotta è in Corte d'Assise? Forse perché sperava che i due non andassero a testimoniare contro di lui. E perché in Corte d'Assise non ci sono le parti civili? Questo forse era l'intento del deus ex machina".
Gli imputati: Tiziana Molteni e Fabio Citterio
Se dunque da una parte c'è un personaggio, a detta della difesa, "ben inserito in un sistema criminale" dall'altro ci sono i due cugini descritti come i protagonisti di un film dei fratelli Coen: goffi, inesperti, capaci di commettere un errore dopo l'altro dopo aver ammazzato accidentalmente l'uomo che avrebbero dovuto solo spaventare. A sostegno di questa sua convinzione, Perillo non ha esitato a contraddire la dottoressa Valotta, descrivendo la scena dell'omicidio con termini diversi rispetto a quelli usati dal pm per ricostruire un freddo assassinio. Il legale ha infatti parlato della colluttazione intercorsa tra i tra soggetti presenti nel box di Paderno quella tragica sera: la Molteni che punta il coltello al volto di Caroppa, quest'ultimo che si libera della donna e si avventa sul Citterio che, in preda al panico, estrae dai pantaloni la pistola senza sicura ricevuta poco prima da Pirrotta e, tenendola all'altezza della cintura (come dimostrato dall'avvocato esibendo in aula un metro da muratore) spara un colpo ferendosi a sua volta tanto che, nella fuga, mentre la cugina si libera maldestramente della fodera e dell'arma da taglio in suo possesso nonché di una felpa, perde gocce di sangue "come Pollicino" fino al parcheggio dove aveva lasciato la vettura, intestata alla madre, non un'auto rubata appositamente per commettere un'azione delittuosa come avrebbe fatto invece un killer professionista, assoldato per uccidere.
"Non erano andati ad ammazzare" ha spiegato Perillo ricordando come dei 4 elementi su cui si fonda la premeditazione - l'arma, la reiterazione dei colpi, la distanza tra assassino e vittima e il punto del corpo a cui si mira - solo il primo "regga" nel caso specifico.
Della stessa visione anche l'avvocato Zotti che, in aula, ha ribadito come a suo modo di vedere, la premeditazione sia stata costruita dall'accusa "con la corsa del gambero", "andando a cercare appigli dove non ci sono" associandosi dunque alla richiesta di derubricazione del reato proposta da Perillo e chiedendo il minimo della pena anche per la sua assistita, presente in Tribunale (così come Citterio), irriconoscibile rispetto alle foto scattate al momento dell'arresto visto il cambio di colore dei capelli, passati da rossi a castano scuro, e il volto visibilmente solcato dai segni del tempo.
La proposta avanzata dalla difesa è stata etichettata però come "ripugnante" dall'avvocato Federico Piccichè, legale di parte civile per i fratelli Sebastiano e Maria Caroppa che ha chiesto un risarcimento di 100.000€ per ognuno dei suoi assistiti, richiesta a cui ha fatto seguito quella dell'avvocato Valentina Sgroi che, per conto di Stefania Iannoli e della figlioletta avuta dalla vittima, ha domandato un anticipo di 350.000€ per cadauna. Presente durante le requisitorie, la compagna di Antonio Caroppa  ha lasciato, congiuntamente ai cognati, l'aula tra le lacrime nel momento in cui ha preso la parola Fabio Citterio. Il tecnico informatico ha voluto infatti ribadire, in coda alle parole già spese dal suo avvocato, di aver sempre avuto una condotta esemplare fino al momento della separazione dalla consorte e dalla successiva conoscenza con Santo Valeria Pirrotta che avrebbe soggiogato lui e la Molteni. "Non avevo mai fatto male nemmeno a una mosca, non so nemmeno come chiedere scusa" sembra abbia dichiarato l'imputato prima dell'apertura della camera di consiglio.
Nel primo pomeriggio, la sentenza di condanna a 30 anni di reclusione per entrambi gli imputati contro cui la difesa ha già preannunciato ricorso.
"Faremo appello in totale serenità" ci ha spiegato Perillo dicendosi "deluso e rammaricato".
"Aspettiamo le motivazioni" gli ha fatto eco Zotti che ha parlato di "atmosfera inquisitoria sotto ogni profilo, che non ha lasciato spazio alla valutazione della questione della premeditazione".
Proseguirà intanto in corte d'Assise a Como il procedimento a carico di Santo Valerio Pirrotta, unico dei tre imputati per l'omicidio di Paderno a non aver scelto la strada del rito abbreviato: rischia l'ergastolo.

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