Cassago: traffico illecito di rifiuti, depositate la sentenza e le motivazioni. Ivano Perego è ritenuto il 'dominus' del sistema

Il giudice Enrico Manzi
''La Perego ha attuato in modo sistematico un'attività non autorizzata di trattamento di rifiuti, costituiti da macerie da demolizione e rocce da scavo, consistente nel conferirle nel proprio capannone di Cassago, trattarle con un trito-vagliatore e quindi trasformarle in materiale da vendere sul mercato e/o per proprie esigenze produttive, come terra o ghiaia per sottofondi stradali, rimodellamenti dei terreni e simili''.
E' un passaggio della sentenza depositata nei giorni scorsi dal giudice monocratico - nonchè presidente della sezione civile e penale del tribunale di Lecco - Enrico Manzi, nei confronti dei ventuno imputati tra vertici ed ex dipendenti della Perego Strade di Cassago (divenuta poi Perego General Contractor) finiti a processo con l'accusa di traffico illecito di rifiuti.
Nel rispetto dei termini dei novanta giorni dalla pronuncia della sentenza che lo scorso 9 novembre ha sancito la condanna di Ivano Perego, dei fratelli Claudio ed Elena e di due dipendenti, sono state infatti rese note le motivazioni della stessa.
Basandosi sullo sviluppo delle indagini e sulle dichiarazioni rese in aula dal maresciallo Nuccio De Paolis del nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Milano - oltre che delle altre prove acquisite in aula - il giudice ha definito quelli che a suo avviso sono i punti fermi delle complesse vicende in oggetto. ''Il sistema delineato dalla deposizione del teste si configura come una continuata attività di trattamento di macerie e rocce da scavo da parte della Perego, senza alcuna autorizzazione, al fine di ottenere materiale rivendibile come materia prima per sottofondi stradali, massicciate e simili''
La sede della ex Perego Strade (poi General Contractor) a Cassago
si legge nella sentenza, nella quale il dottor Manzi cita i diversi cantieri di demolizione gestiti dalla Perego, tra i quali quello della Todini ad Airuno, per il raddoppio ferroviario della linea Milano-Lecco. A questo proposito il giudice non esclude che ''la roccia da scavo sia stata riutilizzata in parte, per costruire il sottofondo ferroviario e creare un sottopasso ferroviario dopo aver letteralmente tagliato una collina (la galleria Sbianca, in zona Merate)''. Se in merito a quest'ultimo caso tuttavia, gli accertamenti non sono completamente chiari, il trattamento dei rifiuti nel sito di Cassago secondo il giudice è da considerarsi ''una certezza in punto di fatto'', in quanto risulta dai sopralluoghi visivi effettuati dalla polizia giudiziaria oltre che dalla ''conclamata falsità dei formulari redatti dalla Perego per mascherare la sua attività con dei finti conferimenti'' come scrive ancora il dottor Manzi, precisando però che l'attività non ha riguardato ''rifiuti tossici o materiale inquinante e pertanto vanno esclusi, anche ai fini del trattamento sanzionatorio, aggravanti o danni irreparabili all'equilibrio ambientale''.
Un sistema dal quale, a detta del giudice, è derivato un profitto ''rilevante e tutto in nero, perchè conseguito al di fuori di ogni controllo'' nonchè ''costituito dai risparmi dei costi di smaltimento e dai guadagni dell'utilizzo del derivato dalla trito-vagliatura''.
Un'attività ritenuta non certo episodica in quanto la Perego ''aveva posto in essere, con il trattamento dei rifiuti di Cassago, una sorta di completamento della sua filiera produttiva: dalla demolizione o escavazione di inerti e rocce fino alla autoproduzione di materiale da riutilizzare nell'attività edilizia per sottofondi, rimodellamenti etc...''.

LA POSIZIONE DEGLI IMPUTATI
Due anni la pena inflitta a Ivano Perego, già detenuto in relazione alla condanna a dieci anni e undici mesi - ormai passata in giudicato - dell'inchiesta Infinito, sulle infiltrazioni della 'ndrangheta in Lombardia. Per il giudice, Ivano Perego è il vero ''dominus'' delle attività imprenditoriali della galassia Perego, come è stato indicato da tutti i testimoni. ''Non vi sono pertanto
Ivano Perego
dubbi sulla sua responsabilità in ordine alla commissione del reato contestatogli''
scrive nella sentenza il dottor Manzi. Negate dunque le attenuanti generiche, ''tenendo conto che si tratta del principale autore del fatto, oltre che del profitto illecito conseguito e della ingente quantità di rifiuti trattati illecitamente''.
Un anno per i fratelli Claudio ed Elena Perego, a processo in qualità di amministratori delle società coinvolte che, a detta del giudice ''avevano il compito, cioè la responsabilità, di impedire che attraverso le sue strutture operative si commettessero reati''. Ad entrambi è stata riconosciuta la speciale attenuante per aver avuto un ruolo di ''minima importanza'' nell'esecuzione del reato, oltre alle attenuanti generiche per il buon comportamento processuale.
I dipendenti Paolo Sala e Tommaso Ghezzi sono stati condannati a un anno e quattro mesi. I due erano rispettivamente l'ingegnere incaricato di predisporre i formulari e tenere il registro dei movimenti dei mezzi e il ''capo'' degli autisti. Secondo il giudice ''i due imputati avevano un ruolo di collegamento operativo fra il vertice decisionale e i materiali esecutori dei trasporti e della trasformazione dei rifiuti''. Ad entrambi sono state riconosciute le attenuanti generiche ''per adeguare la pena al loro ruolo di agenti subordinati di Perego Ivano, principale autore del reato''.
Assolti invece - per non aver commesso il fatto - tutti gli altri sedici dipendenti dell'azienda di Tremoncino. I quattordici autisti, secondo il giudice, ''hanno avuto un ruolo di meri esecutori dei fatti accertati e solo per quanto riguarda il trasporto dei rifiuti, esclusa quindi qualsiasi partecipazione al riciclo degli stessi''.
Per quel che concerne invece le posizioni del liquidatore della Perego Strade, Giovanni Barone e dell'amministratore della General Contractor, Andrea Pavone (anch'egli condannato in via definitiva a tredici anni di reclusione per l'indagine Infinito) durante la loro gestione non vi è stata alcuna ''intromissione nella gestione del ciclo dei rifiuti a Cassago''.
Le condanne riguardano esclusivamente il periodo di attività della Perego General Contractor: le accuse relative alla prima fase aziendale, sino al 31 ottobre 2008 sono cadute a seguito dell'intervenuta prescrizione, otto giorni prima della sentenza. Non doversi procedere dunque, per il primo capo d'accusa contestato agli imputati.

LA COSTITUZIONE DELLE PARTI CIVILI


Nel pronunciare la sentenza lo scorso 9 novembre, il dottor Manzi aveva rigettato la richiesta di risarcimento avanzata
dall'avvocato Maria Grazia Corti a nome del Circolo Ambiente Ilaria Alpi di Merone, parte civile nel procedimento penale.
Nelle motivazioni il giudice evidenzia la mancata costituzione del Ministero dell'Ambiente, nè dei singoli enti territoriali per l'eventuale danno cagionato alle comunità locali in cui si è svolta l'illecita attività di trattamento. ''Solo allo Stato è riconosciuto dalla giurisprudenza della Suprema Corte il diritto a costituirsi in giudizio per il risarcimento del danno ambientale, inteso come interesse alla tutela dell'ambiente in sè considerato'' precisa nel documento il presidente Manzi.
Rispetto alla richiesta del Circolo Alpi - associazione privata che opera in materia ambientale - il giudice scrive che ''non risulta fornita alcuna prova del danno subito direttamente dalla stessa per effetto della attività illecita posta in essere dalla Perego'' neppure dal punto di vista morale in quanto l'associazione ''ha subito la stessa afflizione che prova qualsiasi cittadino dotato di senso civico per la violazione di norme penali''.
Per questa ragione la domanda è stata respinta, in quanto ritenuta infondata nel merito.

 

G. C.
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