Barzanò: infortunio mortale Beretta, in aula le dichiarazioni di tre imputati. ''Senza spiegazioni'' la condotta della vittima
Una condotta "incomprensibile", "fuori da ogni logica", "senza spiegazioni". Questi i termini pronunciati nel pomeriggio di oggi, lunedì 7 marzo, per descrivere il comportamento di Manuela Tatiana Zecchina, dipendente di una impresa di pulizie di Missaglia deceduta nell'aprile 2011 al salumificio Beretta di Barzanò, dove stava effettuando i lavori di sanificazione di una impastatrice per la mortadella.
Ad accomodarsi al microfono, rilasciando spontanee dichiarazioni o rispondendo alle domande del giudice Salvatore Catalano - che ha ereditato il fascicolo dopo il trasferimento del dottor Gian Marco De Vincenzi a Grosseto - e degli avvocati presenti in aula sono stati oggi Giovanni Bellani, Alberto Beretta e Diego Raffaello Rottoli, tre dei cinque imputati per omicidio colposo (secondo l'articolo 489 c.p.) per la morte della donna, rispettivamente in qualità di rappresentante dell'impresa di pulizie dove la vittima lavorava, rappresentante legale del salumificio e responsabile della sicurezza all'epoca dei fatti.
Devono rispondere della medesima accusa anche Giulia Sala dell'impresa di pulizie e Stefano Iozzelli, rappresentante della società che aveva prodotto l'impastatrice.
Giovanni Bellani, difeso dall'avvocato Edoardo Fumagalli, ha affidato ad una nota scritta letta in aula le proprie dichiarazioni spontanee.
"Non ero presente in azienda quel giorno, sono arrivato contemporaneamente all'ambulanza e ho visto la donna a terra circondata dai soccorritori. Mai avrei immaginato che qualcuno avesse potuto pulire la macchina infilandosi all'interno dell'impastatrice dalla botola di scarico. Ancora oggi tale gesto mi appare incomprensibile. La vittima non era una sprovveduta, aveva effettuato un apposito corso sulla sicurezza. L'impastatrice in questione era marcata "CE", ritenevo dunque che fosse dotata di tutti i presidi antinfortunistici. La condotta della donna è al di fuori di ogni previsione logica, si era intrufolata sotto la macchina in un spazio di 50- 60 cm, e l'introduzione della testa nel macchinario va al di là di qualsiasi prevedibilità" ha spiegato l'uomo in aula.
Più articolata è stata la testimonianza di Alberto Beretta, sottopostosi ad ''esame'', che ha risposto alle domande del giudice e degli avvocati presenti in aula: i suoi difensori Riccardo Spreafico e Emilio Gueli, Marco Zambelli per Rottoli, Edoardo Fumagalli per Giulia Sala e Giovanni Bellani, Andrea Niccolai e Fabio Celli per Stefano Iozzelli.
"Ho saputo dell'incidente solo la mattina dopo. Mi trovavo all'estero e sono stato informato da mio fratello. Sono arrivato in azienda il pomeriggio successivo all'accaduto" ha esordito, specificando più volte che il personale dell'impresa di pulizie subentrava all'interno dello stabilimento almeno un'ora dopo la fine del turno dei lavoratori addetti alla produzione dell'insaccato. "Iozzelli da sempre è l'azienda di riferimento per i macchinari che utilizziamo. Quella impastatrice andava lavata dall'alto, non ho mai saputo di comportamenti differenti, altrimenti sarei intervenuto immediatamente".
L'imputato ha spiegato che nel 2003, su specifica richiesta della Beretta, erano state eliminate dalla macchina delle "bande" metalliche di sicurezza che rischiavano di tagliare le mani degli addetti. Altre modifiche avevano interessato l'impastatrice in cui Manuela Tatiana Zecchina ha perso la vita. "Abbiamo due macchinati speculari in azienda. Quello in cui si è verificato l'infortunio è stato il primo ad arrivare, seguito a due mesi di distanza da un secondo dotato di un selettore "uomo assente", in grado cioè di funzionare senza l'attivazione meccanica umana. Abbiamo poi fatto modificare il primo macchinario nello stesso modo" ha spiegato Alberto Beretta. Egli, riponendo alle domande dei legali, ha inoltre
ammesso di aver appreso di un difetto tecnico del macchinario solo a seguito dell'infortunio mortale. "C'era un problema al circuito pneumatico dell'impastatrice, che non veniva interrotto premendo il pulsante di emergenza. Non ne ero stato informato" ha concluso.
Diego Raffaello Rottoli, accusato in qualità di responsabile della sicurezza aziendale, ha negato di ricoprire tale ruolo all'epoca dei fatti. "Sono stato consulente dal 1999 al 2005, e Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (RSP) del salumificio, da esterno, dal 2005 al 31 dicembre 2010. Dopo quella data non ho più avuto accesso allo stabilimento di Barzanò, il mio incarico non è stato rinnovato" ha spiegato Rottoli, associandosi agli altri imputati nel descrivere come "inconcepibile" la modalità di pulizia attuata dalla donna. "Quella sera sono stato chiamato sul luogo del sinistro in qualità di consulente".
L'avvocato Fabio Celli ha sollevato l'eccezione - alla quale si è opposto il Pubblico ministero Mattia Mascaro - della nullità dell'esame autoptico eseguito dal medico legale dottor Paolo Tricomi sulla vittima, limitatamente alla posizione di Stefano Iozzelli, poichè egli non era stato informato di tale incarico nonostante sussistessero indizi di reità nei suoi confronti.
Il processo è stato rinviato al prossimo 5 aprile per la conclusione della fase istruttoria.
Ad accomodarsi al microfono, rilasciando spontanee dichiarazioni o rispondendo alle domande del giudice Salvatore Catalano - che ha ereditato il fascicolo dopo il trasferimento del dottor Gian Marco De Vincenzi a Grosseto - e degli avvocati presenti in aula sono stati oggi Giovanni Bellani, Alberto Beretta e Diego Raffaello Rottoli, tre dei cinque imputati per omicidio colposo (secondo l'articolo 489 c.p.) per la morte della donna, rispettivamente in qualità di rappresentante dell'impresa di pulizie dove la vittima lavorava, rappresentante legale del salumificio e responsabile della sicurezza all'epoca dei fatti.
Devono rispondere della medesima accusa anche Giulia Sala dell'impresa di pulizie e Stefano Iozzelli, rappresentante della società che aveva prodotto l'impastatrice.
L'intervento dei soccorsi al salumificio Beretta nel 2011
Giovanni Bellani, difeso dall'avvocato Edoardo Fumagalli, ha affidato ad una nota scritta letta in aula le proprie dichiarazioni spontanee.
"Non ero presente in azienda quel giorno, sono arrivato contemporaneamente all'ambulanza e ho visto la donna a terra circondata dai soccorritori. Mai avrei immaginato che qualcuno avesse potuto pulire la macchina infilandosi all'interno dell'impastatrice dalla botola di scarico. Ancora oggi tale gesto mi appare incomprensibile. La vittima non era una sprovveduta, aveva effettuato un apposito corso sulla sicurezza. L'impastatrice in questione era marcata "CE", ritenevo dunque che fosse dotata di tutti i presidi antinfortunistici. La condotta della donna è al di fuori di ogni previsione logica, si era intrufolata sotto la macchina in un spazio di 50- 60 cm, e l'introduzione della testa nel macchinario va al di là di qualsiasi prevedibilità" ha spiegato l'uomo in aula.
Più articolata è stata la testimonianza di Alberto Beretta, sottopostosi ad ''esame'', che ha risposto alle domande del giudice e degli avvocati presenti in aula: i suoi difensori Riccardo Spreafico e Emilio Gueli, Marco Zambelli per Rottoli, Edoardo Fumagalli per Giulia Sala e Giovanni Bellani, Andrea Niccolai e Fabio Celli per Stefano Iozzelli.
"Ho saputo dell'incidente solo la mattina dopo. Mi trovavo all'estero e sono stato informato da mio fratello. Sono arrivato in azienda il pomeriggio successivo all'accaduto" ha esordito, specificando più volte che il personale dell'impresa di pulizie subentrava all'interno dello stabilimento almeno un'ora dopo la fine del turno dei lavoratori addetti alla produzione dell'insaccato. "Iozzelli da sempre è l'azienda di riferimento per i macchinari che utilizziamo. Quella impastatrice andava lavata dall'alto, non ho mai saputo di comportamenti differenti, altrimenti sarei intervenuto immediatamente".
L'imputato ha spiegato che nel 2003, su specifica richiesta della Beretta, erano state eliminate dalla macchina delle "bande" metalliche di sicurezza che rischiavano di tagliare le mani degli addetti. Altre modifiche avevano interessato l'impastatrice in cui Manuela Tatiana Zecchina ha perso la vita. "Abbiamo due macchinati speculari in azienda. Quello in cui si è verificato l'infortunio è stato il primo ad arrivare, seguito a due mesi di distanza da un secondo dotato di un selettore "uomo assente", in grado cioè di funzionare senza l'attivazione meccanica umana. Abbiamo poi fatto modificare il primo macchinario nello stesso modo" ha spiegato Alberto Beretta. Egli, riponendo alle domande dei legali, ha inoltre

Manuela Tatiana Zecchina,
vittima dell'infortunio
vittima dell'infortunio
Diego Raffaello Rottoli, accusato in qualità di responsabile della sicurezza aziendale, ha negato di ricoprire tale ruolo all'epoca dei fatti. "Sono stato consulente dal 1999 al 2005, e Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (RSP) del salumificio, da esterno, dal 2005 al 31 dicembre 2010. Dopo quella data non ho più avuto accesso allo stabilimento di Barzanò, il mio incarico non è stato rinnovato" ha spiegato Rottoli, associandosi agli altri imputati nel descrivere come "inconcepibile" la modalità di pulizia attuata dalla donna. "Quella sera sono stato chiamato sul luogo del sinistro in qualità di consulente".
L'avvocato Fabio Celli ha sollevato l'eccezione - alla quale si è opposto il Pubblico ministero Mattia Mascaro - della nullità dell'esame autoptico eseguito dal medico legale dottor Paolo Tricomi sulla vittima, limitatamente alla posizione di Stefano Iozzelli, poichè egli non era stato informato di tale incarico nonostante sussistessero indizi di reità nei suoi confronti.
Il processo è stato rinviato al prossimo 5 aprile per la conclusione della fase istruttoria.
R. R.