RACCONTI DALLA VILLA/8: in Rifiorire una lettera al corpo, il nemico-amico di una vita
Prosegue la rubrica ''Racconti dalla Villa'', inaugurata nelle scorse settimane (recuperate l’introduzione QUI e i primi sette racconti QUI), con un nuovo testo di Francesca Sala, accompagnato dalla nota di Paola Fumagalli, professoressa dell’istituto superiore Greppi di Monticello, dove studiano o hanno studiato gli autori delle storie.
Come ogni martedì: lasciatevi trasportare dalla narrazione.
Caro corpo, ci conosciamo da quasi diciassette anni ormai, eppure non siamo mai stati così estranei: ti appartengo, certo, ma non ti conosco.
Sono tre anni che, svegliandomi la mattina, non faccio altro che pensare a quanto sarebbe bello se non ci fossi più, se improvvisamente sparissi insieme a tutti quei pensieri che hanno trovato casa nella mia mente, invasa da un ospite tremendamente ingombrante ed indesiderato. Sappiamo entrambi quanto la nostra idea di amore non coincida: quando ti ho portato allo stremo, non concedendoti niente di più che una misera fetta di anguria, mi sentivo leggera, libera, ero convinta di viziarti affettuosamente.
Caro corpo, siamo così incompatibili! Ciò che mi farebbe stare bene sgretola lentamente la mia felicità e la mia gioia di affrontare la vita, cedendo il posto ad inutili sensi di colpa. Quanto è differente ciò che ho provato per te in questi mesi da quello che mi aspettavo: amavo vederti soffrire, ero compiaciuta quando non avevi più forza, stavo finalmente bene, ero finalmente libera da ogni problema. Avevo trovato la soluzione a tutto! Con dei semplici numeri su una bilancia mi sembrava di poterti coccolare come mai avevo fatto prima. Tu me lo hai fatto capire, sempre più insistentemente, quando ti facevo soffrire. Ed io ho sempre messo a tacere, silenziosamente, tutte le tue richieste di aiuto: eri così ingrato! Ti riempivo di ogni attenzione, ogni pensiero che balenava nella mia mente sempre più stanca vedeva te come protagonista. È come una lunga grandinata che colpisce violentemente qualsiasi essere vivente, vegetali compresi: anche il fiore dallo stelo più forte e dalla corolla più bella cede e crolla, sentendosi solo e desolato. E così, come all’amaro per lo strappo segue il gusto dolce della rinascita, al gelido freddo invernale segue la mitezza della primavera e al secco ghiaccio la brina umida, anch’io penso di poterti portare con me nella mia trasformazione.
È doloroso ed estenuante, ma sono sul sentiero giusto per imparare ad amarti, amarti come ti meriti. Perché c’è ben poco che possa sostituire l’armonia perfetta che un tempo creavamo. Vorrei poterti dare tutto ciò di cui ti ho privato pensando di renderti forte; vorrei poterti portare in giro per il mondo, renderti il mio fedele compagno in tutte le mie prossime avventure. Vorrei accarezzarti gentilmente dopo che, per troppo tempo, ti ho a malapena sfiorato perché ero terrorizzata: ma nessun rapporto dovrebbe basarsi sul terrore che una parte ha crudelmente imposto all’altra. Vorrei che ci legasse un amore sano, basato sul rispetto e sulla fiducia che ripongo in te.
Caro corpo, vivere mi spaventa, mi spaventa lasciare andare ciò che amavo per dedicarmi completamente a te, così pieno di quella forza generatrice che anima e muove, oltre a te, tutto questo mondo. Sai, per andare avanti, ogni tanto, bisogna lasciar perdere i vecchi ricordi. Ma come sarà possibile riconciliarsi dopo tutto questo tempo? Siamo stati ai due opposti, mi dirai. Eppure, così come il grave e l’acuto formano un’armonia dopo essersi accordati, anche noi possiamo trovare un equilibrio che possa farci danzare.
Spero che tu non abbia dimenticato cosa siamo stati noi, così solari e splendenti, cosa sapremmo fare se smettessimo di impiegare tutte queste forze contro di noi, per autodistruggerci, e le rivolgessimo a quello che siamo.
Con la speranza di ritrovarci presto, caro corpo, e di non lasciarci mai più, per poter vivere ancora tanto tempo insieme, io ti aspetto a braccia aperte.
Tua
(dalla tesi di Erissimaco, l’amore per un corpo sano e per un corpo malato)
NOTA
«Rifiorire» non è propriamente un racconto.
Se trova spazio in una rubrica di narrativa, tuttavia, è perché contiene una testimonianza così dolorosamente autentica da meritare senz’altro la lettura.
Con la sua forza delicata, l’autrice fa di una pagina bianca una lettera al nemico-amico di sempre, il proprio corpo, intrecciando efficacemente il ricordo angosciante di un passato fatto di incomunicabilità e rinunce, il racconto dei primi passi di una dolorosa riconciliazione e la promessa di una futura rinascita.
LE PUNTATE PRECEDENTI:
-Racconti dalla Villa/0: L'Introduzione
-Racconti dalla Villa/1: Il Diluvio
-Racconti dalla Villa/2: Arlene di Piombo
-Racconti dalla Villa/3: Una mattina come tante
-Racconti dalla Villa/4: L'ombra sulla collina
-Racconti dalla Villa/5: Memorie di un gatto
-Racconti dalla Villa/6: Linee incidenti
-Racconti dalla Villa/7: Una questione sinistra
Come ogni martedì: lasciatevi trasportare dalla narrazione.
I curatori: Giulia Redaelli e Beniamino Valeriano
RIFIORIRE – FRANCESCA SALACaro corpo, ci conosciamo da quasi diciassette anni ormai, eppure non siamo mai stati così estranei: ti appartengo, certo, ma non ti conosco.
Sono tre anni che, svegliandomi la mattina, non faccio altro che pensare a quanto sarebbe bello se non ci fossi più, se improvvisamente sparissi insieme a tutti quei pensieri che hanno trovato casa nella mia mente, invasa da un ospite tremendamente ingombrante ed indesiderato. Sappiamo entrambi quanto la nostra idea di amore non coincida: quando ti ho portato allo stremo, non concedendoti niente di più che una misera fetta di anguria, mi sentivo leggera, libera, ero convinta di viziarti affettuosamente.
Caro corpo, siamo così incompatibili! Ciò che mi farebbe stare bene sgretola lentamente la mia felicità e la mia gioia di affrontare la vita, cedendo il posto ad inutili sensi di colpa. Quanto è differente ciò che ho provato per te in questi mesi da quello che mi aspettavo: amavo vederti soffrire, ero compiaciuta quando non avevi più forza, stavo finalmente bene, ero finalmente libera da ogni problema. Avevo trovato la soluzione a tutto! Con dei semplici numeri su una bilancia mi sembrava di poterti coccolare come mai avevo fatto prima. Tu me lo hai fatto capire, sempre più insistentemente, quando ti facevo soffrire. Ed io ho sempre messo a tacere, silenziosamente, tutte le tue richieste di aiuto: eri così ingrato! Ti riempivo di ogni attenzione, ogni pensiero che balenava nella mia mente sempre più stanca vedeva te come protagonista. È come una lunga grandinata che colpisce violentemente qualsiasi essere vivente, vegetali compresi: anche il fiore dallo stelo più forte e dalla corolla più bella cede e crolla, sentendosi solo e desolato. E così, come all’amaro per lo strappo segue il gusto dolce della rinascita, al gelido freddo invernale segue la mitezza della primavera e al secco ghiaccio la brina umida, anch’io penso di poterti portare con me nella mia trasformazione.
È doloroso ed estenuante, ma sono sul sentiero giusto per imparare ad amarti, amarti come ti meriti. Perché c’è ben poco che possa sostituire l’armonia perfetta che un tempo creavamo. Vorrei poterti dare tutto ciò di cui ti ho privato pensando di renderti forte; vorrei poterti portare in giro per il mondo, renderti il mio fedele compagno in tutte le mie prossime avventure. Vorrei accarezzarti gentilmente dopo che, per troppo tempo, ti ho a malapena sfiorato perché ero terrorizzata: ma nessun rapporto dovrebbe basarsi sul terrore che una parte ha crudelmente imposto all’altra. Vorrei che ci legasse un amore sano, basato sul rispetto e sulla fiducia che ripongo in te.
Caro corpo, vivere mi spaventa, mi spaventa lasciare andare ciò che amavo per dedicarmi completamente a te, così pieno di quella forza generatrice che anima e muove, oltre a te, tutto questo mondo. Sai, per andare avanti, ogni tanto, bisogna lasciar perdere i vecchi ricordi. Ma come sarà possibile riconciliarsi dopo tutto questo tempo? Siamo stati ai due opposti, mi dirai. Eppure, così come il grave e l’acuto formano un’armonia dopo essersi accordati, anche noi possiamo trovare un equilibrio che possa farci danzare.
Spero che tu non abbia dimenticato cosa siamo stati noi, così solari e splendenti, cosa sapremmo fare se smettessimo di impiegare tutte queste forze contro di noi, per autodistruggerci, e le rivolgessimo a quello che siamo.
Con la speranza di ritrovarci presto, caro corpo, e di non lasciarci mai più, per poter vivere ancora tanto tempo insieme, io ti aspetto a braccia aperte.
Tua
(dalla tesi di Erissimaco, l’amore per un corpo sano e per un corpo malato)
NOTA
«Rifiorire» non è propriamente un racconto.
Se trova spazio in una rubrica di narrativa, tuttavia, è perché contiene una testimonianza così dolorosamente autentica da meritare senz’altro la lettura.
Con la sua forza delicata, l’autrice fa di una pagina bianca una lettera al nemico-amico di sempre, il proprio corpo, intrecciando efficacemente il ricordo angosciante di un passato fatto di incomunicabilità e rinunce, il racconto dei primi passi di una dolorosa riconciliazione e la promessa di una futura rinascita.
Paola Fumagalli
Per visualizzare la versione del racconto in PDF clicca QUI
LE PUNTATE PRECEDENTI:
-Racconti dalla Villa/0: L'Introduzione
-Racconti dalla Villa/1: Il Diluvio
-Racconti dalla Villa/2: Arlene di Piombo
-Racconti dalla Villa/3: Una mattina come tante
-Racconti dalla Villa/4: L'ombra sulla collina
-Racconti dalla Villa/5: Memorie di un gatto
-Racconti dalla Villa/6: Linee incidenti
-Racconti dalla Villa/7: Una questione sinistra